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Il campo largo è antistorico e non trova un leader

Gabriele Di Marzo
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Il campo largo ha un problema, più di tutto, che non è solo formale ma anche sostanziale: è antistorico. Nell’era della politica leaderistica, non riesce a trovare un metodo per individuare un leader. Elly Schlein ci provò con la trovata del «federatore». Giuseppe Conte, senza troppo esitare, la ricondusse alla realtà. «Pensi prima a federare le correnti del Pd» chiosò, mezzo adirato, il capo politico del M5S. Che, trovandosi a ballare, concluse la coreografia mettendo pure i puntini sulle i al nuovo lessico progressista: «Qui non esiste un campo largo, casomai questo è il campo giusto». Il problema della leadership, del resto, non è di secondo rilievo. È un po’ come decidere a chi affidare le chiavi di casa, anche se già sai che gli inquilini saranno svariati. Basterebbe, però, guardare ai sondaggi. Se negli ultimi anni sono nati anche quelli sul gradimento personale dei leader politici, un motivo ci sarà. Il centrodestra, quel metodo, l’ha trovato un trentennio fa. Ed è chiaro. Ha inaugurato, con Berlusconi, una formula perentoria: è leader della coalizione il capo del partito che ottiene un voto in più degli alleati. Semplice ma non certo banale. Soprattutto perché democratico. E perché, anche senza l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, una forma di legittimazione popolare vi è comunque. Dettaglio, quest’ultimo, che non dovrebbe mai sfuggire. Anche perché fare politica non è fare il salto in alto alle Olimpiadi. È solo qui che si ricorda il lungo abbraccio tra l’italiano Marco Tamberi e il rappresentante del Qatar Mutaz Essa Barshim alla finale di Tokyo 2020. Entrambi saltarono 2,37 e rinunciarono allo spareggio, 'accontentandosi' ex aequo del primo gradino del podio. Due medaglie d’oro, due primi posti, due campioni olimpici. La politica è l’esatto contrario. E’ bene tenerlo a mente: magari, Basilicata in ultimo, può tornare utile anche sui territori per l’individuazione dei candidati unitari. Una formula che individui, per dirla arcaicamente, un «Primus inter pares». Il campo largo, giusto o progressista, sceglieranno loro la locuzione preferita, cominci con il trovare un metodo unitario. E, per tornare allo sport, anche se lo facessero diventare un campo sportivo, è bene ripassare il manuale del calcio. Non si è mai vista nel rettangolo di gioco la medesima squadra con due capitani, con fascia al braccio, nello stesso momento. Pd, 5 Stelle annessi e connessi non l’hanno, evidentemente, ancora capito. Rischiando di finire come alcuni romanzi classici: antistorici per eccellenza. Il Gattopardo docet.

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