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Jannik Sinner e le tasse a Montecarlo, idolo a corrente alternata

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Gabriele Di Marzo
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Molti, domenica scorsa, hanno pranzato in compagnia di Jannik Sinner. L’Australian Open, da molti fino a quel momento ignorato, è divenuto il core business delle discussioni social e sociali. Sinner ci ha fatto tifare e sognare, come del resto aveva già fatto qualche settimana prima per la Coppa Davis. Li, ancora più, si tifava Sinner perché così si tifava Italia. In uno sport, il tennis, considerato spesso da Ztl. Erroneamente, ma questa ne è stata la percezione per anni. Tanto che, il padel, sua più facile declinazione, ha visto orde di racchette senza corde vivere un proprio e vero boom. Sinner, domenica, ha messo d’accordo tutti. Alcuni, a buon motivo, hanno addirittura profetizzato la fine del padel. Così, credo, non sarà.

La stima per Sinner ha fatto poi balzi in avanti durante la premiazione finale all’Australian Open. «Vorrei che tutti avessero dei genitori come quelli che ho avuto io, mi hanno permesso di scegliere quello che volevo, anche da giovane» ha detto. L’amico, il figlio e nipote perfetto. Solo lodi, fin’ora. Ma alcuni, si sa, non sanno godere e basta.

 

Soprattutto della felicità altrui. Perché dopo la gioia arriva la noia. E se la felicità è un attimo, quella altrui è un lampo. Poi arriva la tempesta del dubbio. Perché Sinner è un campione e, allo stesso tempo, ha tratti caratteriali semplici e cordiali? Messa così non avrebbe difetti. E quindi non sarebbe criticabile. Panico per alcuni. Niente paura, Palazzo Chigi è dietro l’angolo. La visita di Sinner al Presidente Giorgia Meloni ha liberato gli animi dei scalpitanti ribelli. Gli abbracci, la cordialità e persino il tono confidenziale. Un incontro troppo informale, soprattutto per chi avrebbe preferito che il tennista azzurro non fosse ricevuto.

 

O, peggio, addirittura declinato l’invito. Come se Palazzo Chigi fosse Sanremo. Due istituzioni certo, tempio della democrazia e tempio della musica. Ma la prima, ancora, con la i maiuscola. Nel frattempo, dal pranzo domenicale, siamo già all’aperitivo del martedì. Sinner è andato dalla Meloni e, magia, per alcuni sarebbe meno italiano di quanto potesse sembrare domenica. Con la bandiera più sbiadita e il tricolore che, di colpo, avrebbe perso il verde. Solo perché, avrebbero scoperto, che Jannik non è residente nel nostro Paese. Roba da inchiesta pesante. Un tennista che trascorre la maggior parte del suo tempo ad allenarsi a Montecarlo, che ha trovato strutture ed ambiente adeguato, ad uno schioppo dal nostro Paese, è residente proprio nello stato monegasco. La scoperta del secolo insomma. Ma le tasse? Insinuano alcuni. Come se, in questo senso, non ci fosse alcuna libertà. E poi, guardiamo alla realtà, voi cosa avreste fatto? Chiedetelo a tutti, soprattutto ad una partita Iva italiana.

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