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La strategia nel Mediterraneo rende l'Italia l'interlocutore migliore per Usa e India

Stefano Cianciotta
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Nonostante il ridimensionamento della produzione industriale e il depauperamento del potere d’acquisto della classe media, l’Europa è ancora pienamente inserita nelle catene del valore globali e resta uno straordinario mercato di sbocco, strategico anche per i prodotti cinesi e made in Usa. L’Europa però non possiede fonti energetiche proprie. Il conflitto ucraino, del resto, è servito proprio per portare in superficie la debolezza europea sull’autonomia energetica. E l’Italia è stato il Paese più veloce ad adottare contromisure adeguate, grazie all’abile tessitura geopolitica del governo, rafforzata dal valore di società come Eni, Enel, Snam e Terna. Alla voce energia, nonostante le estrazioni di idrocarburi al palo e senza centrali nucleari, l’Italia è tornata ad avere un ruolo centrale nel Mediterraneo. La conferma c’è stata con le tensioni in Medio Oriente, che non hanno impattato affatto sui progetti italiani in corso di realizzazione in Tunisia, Algeria, Libia ed Egitto. La posizione e la percezione dell’Italia, insomma, si sono modificate radicalmente, e oggi il nostro Paese ambisce ad essere l’hub energetico europeo nel Mediterraneo, grazie ai gasdotti in Adriatico e nell’Italia centrale, i rigassificatori a Ravenna e Piombino, i cavidotti con l’Africa e l’eolico offshore in Puglia.

 

 

L’Italia ha l’obbligo di considerare il fattore energia come una delle leve essenziali per ripensare la propria politica industriale (il mantenimento dell’ex Ilva a Taranto è quanto mai vitale) e al contempo dare evidenza alla propria politica estera. Ed è con questa accezione che deve essere letto il Piano Mattei, il provvedimento più importante del governo Meloni proprio in politica estera, che ieri ha ricevuto il plauso anche della presidente Ue Ursula von der Leyen. Una scelta, quella di sostenere inizialmente con 5,5 miliardi di euro un progetto specifico per rafforzare il ruolo dell’Italia (e dell’Europa) nel Mediterraneo anche attraverso interventi di qualificazione professionale in Algeria, Mozambico, Egitto, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya, che trova la propria consapevolezza strategica nella necessità di definire la credibilità e l’autorevolezza italiana all’interno di un’area tornata rilevante negli scenari geopolitico e logistico. Oggi quello spazio per ragioni economiche, commerciali ed evidentemente geopolitiche va difeso dagli attacchi degli Houthi, radicalizzatisi in Yemen durante lo sciagurato periodo delle Primavere arabe.

 

 

L’avvio di un rinnovato e continuativo dialogo con il Nord Africa (Algeria, Tunisia, Egitto), i Balcani (Albania) e il Medio Oriente (Libano e Qatar), fanno del Piano Mattei il contenitore più importante per la strategia italiana nel Mediterraneo allargato. L’obiettivo è quello di porre l’Italia al centro del nuovo scacchiere geopolitico. E in un’ottica di contenimento della Cina e della Russia in Africa e della Turchia nel Mediterraneo, con la Francia oggi ridimensionata, l’Italia in questo momento è l’interlocutore più credibile per gli Stati Uniti, la Nato e l’India.

 

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