l’editoriale del direttore

L’opposizione riscopre il giustizialismo: quanta mestizia questo Pd

Davide Vecchi

Ogni volta che il Paese sembra aver iniziato a recepire gli anticorpi di una democrazia matura spunta qualche esponente politico ad affievolire l’entusiasmo. Prendiamo la recente vicenda giudiziaria che ha coinvolto Tommaso Verdini, figlio 32enne dell’ex senatore Denis. Posso comprendere la scompostezza del Movimento 5 Stelle, guidato dal miracolato dal Covid che cerca in ogni modo di conquistare i riflettori, ma dal Pd mi aspetterei un atteggiamento responsabile. Invece tutti lì a sbraitare contro Matteo Salvini che nell’inchiesta neppure è citato ma ha la colpa di essere il compagno di Francesca, sorella di Tommaso. Bene fa il vicepresidente del Consiglio e titolare del Mit a non rispondere alle provocazioni, ma quanto male fa alla democrazia questo misero livello parlamentare che ancora una volta si veste di giustizialismo e si genuflette alla magistratura sperando di usarla politicamente, abdicando così al proprio mandato, al proprio ruolo. Quanta mestizia questo Pd che non confida mai nelle proprie possibilità né impara dalla propria storia. Eppure di lezioni sulla necessità di essere garantisti ne ha ricevute.

 

 

Una su tutte: la vicenda del dem Antonio Bassolino che ha subito 19 processi e per 19 volte è stato assolto. Al termine dell’ultimo procedimento, nel 2020, l’allora vicesegretario del Pd ed ex ministro della giustizia, Andrea Orlando ebbe a dire: «A proposito della diciannovesima assoluzione di Antonio Bassolino, adesso che i 19 processi si sono conclusi, adesso che nessuno potrà dire che si vuole fare pressione sui magistrati, ci si può chiedere che cosa non ha funzionato?». E ancora: «Senza derby tra garantisti e giustizialisti, con la giusta distanza dai fatti, proviamo a riflettere. Senza delegittimare la magistratura ma senza nemmeno chiudere gli occhi di fronte alle criticità che una vicenda come questa ci sbatte in faccia». E Bassolino è uno dei tanti casi di giustizia che si è rivelata dannosa per il Paese stesso proprio a causa dell’asservimento della politica rispetto alla magistratura. Quanti politici sono stati costretti alle dimissioni, a interrompere la propria opera, la propria attività, la gestione della Cosa Pubblica perché finiti in qualche indagine che si è poi rivelata infondata o non ha portato a nulla? Troppi. O sicuramente abbastanza da aver insegnato a tutti la necessità del garantismo.

 

 

E invece, ancora una volta, il Pd cade nei propri errori, attratto dalla fittizia scorciatoia fornita da una qualche Procura, senza provare la vergogna di tentare di conquistare il potere non per meriti personali, per mandato elettorale, per battaglie sociali, per conquiste e percorsi compiuti. L’anno che si chiude stasera si è contraddistinto invece proprio per la meritocrazia. Per la capacità delle forze che compongono la maggioranza di portare avanti le proprie idee, le proprie volontà, le proprie politiche con convinzione a prescindere dalle critiche, sia in Europa sia in Italia. Stilare un bilancio è superfluo, solitamente serve a crogiolarsi quando è positivo e a formulare promesse quando è negativo. Di certo il 2023 per l’Italia è stato un anno importante, che ha segnato un confine con un passato che mi auguro possa non tornare più. Fatto appunto di una politica irresponsabile e capace solo di cercare scorciatoie e alibi invece di imporre la propria autorevolezza e ruolo. La magistratura fa il suo mestiere ed è necessario lo faccia. I parlamentari comincino tutti a fare il proprio ritrovando un minimo di orgoglio per l’incarico che hanno ricevuto dai cittadini.