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Il Pd crede di vivere nel 1923: l'alibi confortevole della sinistra

Cicisbeo
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Che strano Paese è quello in cui il principale partito di opposizione, erede legittimo di grandi forze politiche che contribuirono a scrivere la Costituzione repubblicana, è convinto di vivere nel 1923 e non un secolo dopo, e usa la mistica antifascista come suo principale atout politico, pronto a scattare contro il nemico a ogni stormir di fronda o perfino a una voce dal sen fuggita dal loggione della Scala, luogo storico di raffinati intenditori della lirica e di contestatori indefessi sovente sconfinati dalla melomania alla politica. Ma come all’alba del fascismo i comunisti non seppero impedire, anzi agevolarono con l’occupazione delle fabbriche l’avvento del regime, oggi che il fascismo è scomparso da tempo i loro epigoni appaiono come i sepolcri imbiancati di una grottesca lotta contro i mulini a vento, al cui paragone perfino Don Chisciotte della Mancia sembra un assennato condottiero.

 

Certo, vivere nel passato deve essere un alibi molto confortevole per chi non riesce a costruirsi un futuro credibile, per una sinistra che continua a coltivare i suoi demoni, pronta a scattare quando ne intravede un minimo bagliore, anche se è sempre un’illusione ottica o l’immagine di una stella morta incalcolabili anni fa. Che il fascismo sia stato l’autobiografia di una nazione, secondo la celebre convinzione gobettiana, è un fatto inoppugnabile scritto nella storia, ma ostinarsi a cercar ne ancora nuove radici diventa un accanimento terapeutico che finisce per danneggiare chi lo alimenta prolungando uno scontro ideologico che non ha più senso. C’è infatti un governo di destra legittimamente eletto secondo i canoni costituzionali, e che intende riformare la Costituzione con le procedure previste dalla Carta stessa, per poi dare la parola finale al popolo sovrano, ma il Pd si appiglia a un simpatico fischiatore loggionista per rilanciare l’allarme sul pericolo che non c’è. Già, perché la democrazia italiana, pienamente integrata nella libera Europa, ha sviluppato tutti gli anticorpi necessari per non temere involuzioni autoritarie, mentre questa sinistra in piena regressione ideologica continua ad agitare i vecchi fantasmi come merce politica attuale.

 

Questa, purtroppo, è ancora l'Italia declina ta da una sinistra fortunatamente minoritaria, in cui basta una proposta di riforma della Costituzione fatta dalla destra per far scattare l’allarme di un imminente ritorno del fascismo; l’Italia in cui il 25 Aprile si trasforma sistematicamente in una Festa contro il centrodestra in nome di un antifascismo militante che perpetua il falso mito della Resistenza solo e soltanto rossa. E che insorge sdegnato se qualcuno osa equiparare fascismo e comunismo, come se fosse una bestemmia storica. Il secolo delle ideologie è finito da un pezzo, ma l’intellighenzia italiana resta aggrappata all'egemonia di sinistra, e questo è il paradosso di una Repubblica a maggioranza moderata ma che continua ad essere eterodiretta da modelli e riferimenti valoriali di sinistra, alimentati da una minoranza organizzata che ha sapientemente occupato tutte le casematte della cultura oltre che gli apparati intermedi.

Questo vivere con la testa perennemente rivolta al passato rappresenta una palla al piede ideologica che danneggia il Paese non solo per lo scontro subliminale sulla storia che continua, ma perché impedisce anche di difendere al meglio i nostri interessi internazionali: Italia e Germania hanno perso la seconda guerra mondiale e ne paghiamo ancora le conseguenze geopolitiche (non a caso abbiamo ancora ventimila soldati americani sul nostro territorio). Solo un Paese saldo e unito nei valori fondanti può dire autorevolmente la sua nei consessi mondiali ed avere voce in capitolo nei dossier europei. La sinistra invece non perde occasione per delegittimare il governo di destra e appellarsi a improbabili convitati esterni per aiutare a mandarlo a casa in nome di quel paradigma antifascista su cui fu costruita la Repubblica che non può più costituire il tema portante dello scontro politico.

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