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Firenze, Nardella si scopre podestà: vuole vietare la città ai leghisti

Davide Vecchi
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Dario Nardella veste i panni del podestà (il supremo magistrato del Comune medievale italiano) e decide a chi riconoscere i diritti e a chi negarli. E così, il sindaco della città di Dante, dei Medici, del futurismo di Marinetti (il caffè Giubbe Rosse è sempre lì), che ha germogliato innovazioni culturali e politiche e artistiche, cala la maschera e si mostra afflitto (e affetto) dalla sindrome del potere. Altro che marchese del Grillo, il podestà Nardella vuol persino decidere chi far entrare agli Uffizi. Vorrebbe vietare la città ai leghisti, a Matteo Salvini perché mossi da pericolosissime intenzioni: parlare del futuro dell’Europa. Ma, ovviamente, con visioni e tesi diverse da quelle di cui Nardella s’è scoperto paladino. E visto che Salvini la pensa diversamente, allora che fa Nardella? Tenta di vietarne l’arrivo e la parola. Il podestà poi, non riuscendo a bloccare il convegno, ha chiamato a raccolta i vari centri sociali invitandoli a manifestare per le strade della città. E così a Firenze è annunciata una giornata di possibile guerriglia urbana dei kompagni che vogliono vietare di parlare a chi non la pensa come loro. Ed è la solita storia: da sinistra contestano senza conoscere.

 

 

Un tempo almeno c’era la curiosità verso chi la pensava diversamente. Da quando invece s’è insediato il governo Meloni e il centrodestra ha vinto le elezioni gli oppositori contestano a prescindere, facendo figure barbine. Il podestà Nardella ricorda quel Nicola Lagioia che non fermò le contestazioni al salone del libro di Torino nei confronti del ministro Eugenia Roccella che avrebbe dovuto presentare il suo ultimo testo dal titolo “Una famiglia radicale”. Lagioia, all’epoca direttore della kermesse, non intervenne in difesa di Roccella alla quale fu impedito di parlare e costretta ad andarsene tra i fischi e gli insulti di centri sociali e presuntefemministe. Se avessero ascoltato prima di contestare avrebbero scoperto che “Una famiglia radicale” è la storia delle battaglie sociali e culturali degli ultimi decenni, femminismo, aborto e libertà. L’arroganza di questa sinistra è figlia dell’ignoranza e della palese incapacità di ascolto e confronto. Peccato.

 

 

Si può, anzi si deve pensarla diversamente su molto (per fortuna) ma non si può vietare la presentazione di un libro (era capitato anche al buon Daniele Capezzone nella civilissima università romana la Sapienza) né tantomeno un confronto politico legittimando i contestatori. È da antidemocratici, ignoranti, analfabeti culturali e storici. E pensare che sulla poltrona di Nardella un tempo era seduto Giorgio La Pira, che ha avuto come unico faro il dialogo. Firenze ora s'affaccia al Medioevo.

 

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