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Expo 2030, non può essere solo una questione di soldi

Davide Vecchi
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Basterebbe un semplice elemento per ritenere scontata la vittoria di Roma a ospitare Expo 2030: il Bie, l’organismo che decide a chi assegnare la manifestazione, compie dei sopralluoghi periodici nelle città candidate per avere incontri mirati con i rappresentanti di ogni categoria, non solo produttive e culturali ma anche umanitarie e sociali, Ong comprese. Quali Ong o associazioni a tutela dei diritti umani potranno aver incontrato a Riad? Nessuna. Considerato che sul fronte diritti il paese arabo è notoriamente piuttosto carente. Basterebbe dunque questo per ritenere Roma vincitrice. Anzi, se il Bie (Bureau International des Expositions) si fosse attenuto ai mandati originari di Expo – tra cui la condivisione di cultura ed educazione – con ogni probabilità non avrebbe neppure dovuto accogliere la candidatura di Riad, un Paese dove, per esempio, rimanendo sulla questione tanto dibattuta in Italia sui femminicidi, le donne saudite non possono viaggiare, lavorare, accedere all’istruzione superiore, sposarsi senza il consenso di un tutore di sesso maschile. Se mai l’Expo dovesse essere assegnato a Riad equivarrebbe a riconoscere quanto questa manifestazione non abbia più motivo di esistere. Almeno non con la formula che l’ha reso determinante: la condivisione, la libertà dell’uomo, l’immaginare un futuro.

 

 

In Arabia quale sarà il domani? Davvero i delegati del Bie acconsentiranno a vendere la manifestazione fissando un prezzo? Perché di questo si tratta. È vero: l’Arabia è riuscita a comprarsi un mondiale di calcio, fermando persino i campionati nazionali. Ma l’Expo non è una partita, uno stadio, un evento sportivo che dura un mese o poco più. Expo si protrae per sei mesi, ha valori fondanti (come appunto la tutela dei diritti umani) e si sviluppa su argomenti e tematiche in prospettiva migliorative del globo. Non proprio una coppa da esporre in bacheca. Per quanto importante sia la coppa del mondo di calcio non sarà mai tanto importante quanto l’evoluzione delle popolazioni. O, almeno, ce lo auguriamo. Perché se il Bie stabilisce un prezzo a Expo segna la sconfitta definitiva della manifestazione e la vittoria del denaro su tutto, anche sulla vita degli uomini.

 

 

Ci sono poi altri aspetti, sicuramente secondari. Roma è considerata la città più bella ed è la più nota e visitata al mondo. La Capitale ha la capacità di ospitalità richiesta mentre Riad dovrebbe costruire il 500% dei posti letto che ha oggi. Inoltre Expo, per sua natura, è un evento diffuso: a poca distanza da Roma si possono raggiungere in poco tempo città come Firenze e Napoli. La qualità della vita, la cultura poi declinata in ogni sua forma (musei ma anche cibo) fanno di Roma la città che sulla carta dovrebbe vincere senza neppure partecipare. Eppure il verdetto si conoscerà solo oggi e l’esito non è scontato perché esiste il rischio che il Bie possa accettare di trasformare Expo in un oggetto da vendere al miglior offerente. Si vedrà. Ma comunque andrà Roma ha già vinto. A perdere, semmai, sarebbe il Bie ed Expo.

 

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