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Giulia Cecchettin, la decenza di rimanere in silenzio. Il Pd tenta di cavalcare il dolore

Davide Vecchi
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A volte bisogna avere la decenza di stare zitti. Per rispetto di Giulia Cecchettin, di un padre a cui hanno ucciso la figlia, di un ragazzo e una ragazza a cui hanno ucciso la sorella. Chi oggi attacca Elena Cecchettin è senza vergogna. Queste poche righe sono state scritte dal Partito Democratico. Le riporto fedelmente perché valgono anche per il Pd. La sindrome dei compagni sempre pronti a correggere gli altri su errori che commettono loro. La solita supponenza di questa sinistra incapace di valori e alla estenuante ricerca di campagne utili a fare propaganda, ora persino con l’omicidio di una 22enne.

 

 

Senza vergogna è usare le parole espresse da Elena poche ore dopo aver perso la sorella. Ha sfogato la sua legittima rabbia, il suo dolore. Avrebbe dovuto ponderare le parole? Forse. Certo, dire «gli uomini devono fare mea culpa, anche chi non ha mai fatto niente, anche chi non ha mai torto un capello» è suonato eccessivo, ma come non comprendere? Parole espresse nel momento in cui dolore, rabbia e sconforto si mischiano, incontenibili. Comprendo Elena. La giustifico. Avrebbe potuto gridare le peggiori nefandezze immaginabili. E nessuno avrebbe dovuto commentare ma semplicemente rispettare il dolore. Invece ci sono i vertici di un partito che tenta di cavalcare quel dolore. Senza vergogna.

 

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