l’editoriale del direttore

Roma, rassegnati a tifare Gualtieri per la trasformazione della città

Davide Vecchi

Trasformazione. È questo il termine scelto dal sindaco, Roberto Gualtieri, per descrivere il suo secondo anno di mandato. E di fatto è il più appropriato: la città è un cantiere diffuso, con i tutti i disagi del caso. Alla base del suo ragionamento c’è un concetto semplice: proviamo a sfruttare tutto ciò che possiamo (Giubileo, poteri speciali da commissario, fondi Pnrr, stanziamenti straordinari dal Governo, candidatura a Expo 2030) per tentare di rinnovare una città in cui da almeno venti anni nessun sindaco ha mai provato a spostare nulla per timore di rimostranze. Potrebbe essere una scelta fallimentare. Ma potrebbe anche rivelarsi vincente. Ma a perdere o guadagnare non è tanto il sindaco quanto Roma e i romani che potrebbero ritrovarsi nel 2030 - anno in cui la quasi totalità della «trasformazione» dovrebbe essere terminata - in una città con cantieri ancora aperti o una Capitale finalmente degna di questo nome, con una rete metropolitana diffusa e all’avanguardia, strade interamente rinnovate con asfalto a prova di crateri, intere aree e quartieri restituiti ai cittadini, nuovi e più numerosi mezzi pubblici e, tra l’altro, un termovalorizzatore che promette di risolvere il problema dei rifiuti. Insomma, la prospettiva è dunque tra risvegliarsi e trovarsi (ancora) all’inferno o destarsi in una sorta di paradiso.

 

 

Tra pochi giorni, il 28 novembre, il Bie (Bureau International des Expositions) assegnerà Expo 2030 e si saprà se a ospitarlo sarà Roma. Sarebbe un volano ulteriore per Gualtieri (e la città) seppure già alcune opere previste per il prossimo Giubileo segnano il ritardo e arriveranno all’appuntamento in affanno. Ma i cantieri sono avviati. Quindi chiunque abbia un minimo di buon senso ora non può far altro che confidare che il sindaco riesca a portare tutto a termine. Certo, la gestione della città appare a dir poco schizofrenica. L’incapacità del corpo dei vigili urbani è a dir poco drammatica. Il centro storico – vetrina internazionale e salotto della Capitale – è in assoluta balìa del traffico, dei furgoni che spadroneggiano in sfregio a ogni regola e limite, a varchi malfunzionanti e parcheggi selvaggi. Con l’assurdità di una ztl spalancata nei giorni festivi (l’esatto opposto di ciò che accade in tutto il mondo) per poi trovarsi – come avverrà domenica – costretti a un fermo generalizzato per ridurre l’inquinamento (ridicolaggine assoluta: l’intera Europa incide sul riscaldamento globale per appena l’8%).

 

 

Per non parlare dei dehors (sui quali è dovuto intervenire il governo: il Campidoglio ha paura di farsi dei nemici? Non riesce a stilare una mappatura e individuare quali danno fastidio e quali invece migliorano le piazze e le strade di Roma?), della seppur lievemente migliorata ma ancora drammaticamente inefficace raccolta dei rifiuti, dei superstiti cestini (pochi e inutili e brutti) della Raggi, dei mezzi pubblici inaffidabili sia per gli orari sia per la sicurezza (ci sono ancora i flambè) e mille altre problematiche che affliggono città e cittadini. Ai quali si aggiungono ora le conseguenze degli oltre mille cantieri aperti. Per questo ora l’unica cosa possibile da fare è tifare per Gualtieri e sperare che riesca a terminare la trasformazione. Altrimenti ci ritroveremo in una Capitale sberleffo internazionale. Una Capitale che ha tutto, ha avuto tutto, ma non è stata capace a massimizzare nulla. Insomma, siamo condannati a tifare forza Gualtieri.