caso catania

I magistrati hanno perso il senso della misura

Davide Vecchi

Si può essere d’accordo o meno con il generale Vannacci sulle idee che ha espresso ma almeno lui ha avuto il coraggio di dire quello che pensa e di metterlo per iscritto. Non si è messo a nascondere o sbianchettare nottetempo i propri profili social per cercare di nascondere un recente passato improvvisamente divenuto decisamente imbarazzante. Tanto più che il generale Vannacci ha espresso le proprie idee su temi che non sono oggetto del proprio ambito lavorativo. Inoltre, Vannacci è incardinato in una rigida gerarchia militare e risponde a ordini superiori. Di fatto parla come un privato cittadino sebbene svolga un lavoro importante.

 

Un giudice invece «giudica», applica le leggi interpretandole in scienza e coscienza. E allora la domanda è: una persona che scende in piazza per manifestare con veemenza su un tema poi si può occupare di giudicarlo in tribunale? O sarà condizionata dalle proprie posizioni radicali fino a piegare le norme per farle coincidere con le proprie posizioni? Non si può certo entrare nel cuore e nella mente di un magistrato per sapere se ha fatto il suo lavoro con obiettività oppure facendosi condizionare dal pregiudizio. Per fortuna ci sono vari gradi di giudizio nel nostro sistema e ci sarà modo e tempo per valutare tutte le sentenze, in particolare quelle di cui si parla in questi giorni. Ma resta comunque la forte preoccupazione per come, anche tra i magistrati, si sia perso a volte il senso della misura, del contegno, del rispetto innanzitutto del proprio fondamentale ruolo nella società.