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Il Pd vuole la legge sull'antifascismo ma sta al fianco degli amici di Putin

Riccardo Mazzoni
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Il presidente dell’Anpi Pagliarulo è un personaggio talmente intriso di certezze ideologiche che non è mai sfiorato dal dubbio, e alla domanda se in Italia c’è il pericolo di «una torsione autoritaria, oscurantista, nazionalista, che richiama alcuni capisaldi del fascismo» si è dato da solo, marzullianamente, una risposta perentoria, cioè «sì». E nella conferenza stampa per sostenere le proposte di legge del Pd tese a «impedire la propaganda eversiva di destra», ha portato la prova fumante, che starebbe nella «sequela impressionante di provvedimenti sostanzialmente autoritari e repressivi del governo, ultime le cariche di Torino nei confronti degli studenti». Pagliarulo non vede oggi, bontà sua, il pericolo di «un ritorno al fascismo storico», anche se individua nell'autonomia differenziata e nel premierato il tentativo di rompere l’equilibrio dei poteri a vantaggio dell’esecutivo. Insomma, con la presenza «forte e inquietante» di questa «estrema destra composita» l’odor di Ventennio si respira comunque. Fin qui, diciamolo con franchezza, non c’è notizia, perché l’Associazione partigiani d’Italia queste assurdità le ha sempre dette, prima quando al governo c’erano la Dc e Craxi, poi contro Berlusconi e a maggior ragione ora che un’ex giovane missina è approdata a Palazzo Chigi. E non c’è notizia neppure nel fatto che il Pd abbia presentato ben due disegni di legge «contro tutti i tentativi di riscrivere la storia e di legittimare una cultura fascista che non è mai stata sconfitta».

 

 

Le proposte sono state scritte a quattro mani con l’Anpi e vogliono testimoniare l’impegno antifascista del partito che col massimalismo radicaleggiante di Schlein, è l’unico refrain che ha contraddistinto la linea del partito nel primo anno di legislatura. L’unica vera notizia, dunque, sta nel silenzio assordante del Partito democratico di fronte alle posizioni dell’Anpi sull’invasione dell’Ucraina. Al Nazareno hanno evidentemente fatto finta di non vedere quanto è successo qualche giorno fa a Napoli, dove sul palco in cui si sono esibiti i «99 Posse» sventolavano le bandiere delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, i due staterelli fantoccio creati da Putin e ora annessi alla Russia. Il concerto faceva parte dell’iniziativa «Riscossa popolare», con l’adesione convinta dell’Anpi di Napoli, per battersi contro «le forze che occupano il Paese, la Nato, la Ue, il Vaticano, i sionisti». Durante quell’allegra ma inquietante adunata si è tenuto anche un convegno su «Stalin e la rinascita del movimento comunista» ed è stato presentato un volume delle «Opere» del dittatore sovietico. Per non farsi mancare nulla c’erano anche militanti dei Carc, il movimento politico extraparlamentare marxista-leninista e perfino maoista. Una gran bella compagnia, insomma.

 

 

La partecipazione dell’Anpi ha confermato tutte le sue ambiguità sulla guerra di Putin, basti pensare al perentorio rifiuto di inviare armi all’Ucraina e al comunicato sulle Repubbliche separatiste del Donbass che non condannava Mosca ma gli Stati Uniti e la Nato, intimando a Biden di «cessare immediatamente le clamorose ingerenze nella vita interna dell’Ucraina e le ininterrotte minacce nei confronti della Russia». Più chiaro di così... il portavoce del Cremlino non avrebbe potuto fare di meglio. Ebbene, il Pd non prova alcun imbarazzo a stare orgogliosamente al fianco di questa associazione filorussa, in una grottesca alleanza che dice di lottare contro il fantomatico ritorno del fascismo in Italia trascurando però un dettaglio non proprio marginale, ossia che l’unica dittatura in Europa che minaccia le democrazie è proprio quella instaurata da Putin, il peggior autocrate dai tempi di Stalin, con cui l’Anpi evidentemente simpatizza partecipando a manifestazioni come quella di Napoli, in un miscuglio nostalgico fra comunismo sovietico e pulsioni antioccidentali. Sì, l’unica vera notizia di questa triste vicenda è proprio il Pd, che ha perso non solo la bussola, ma anche il senso del ridicolo (e della storia).

 

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