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Gianluigi Paragone, la verità sui migranti: perché Macron dice no all'Italia

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In barba alla telefonata di vicinanza all’Italia, la Francia non si smuove dalla sua posizione e lascia chiuse le frontiere senza eccezione. Nemmeno per Lampedusa, che a meno di 24 ore dalla visita della presidente della Commissione Ue resta in una «situazione insostenibile» per dirla con le parole del sindaco. Macron dunque non dà indicazioni di aperture concrete e segnali nuovi non arrivano nemmeno dalla Germania, a conferma del fatto che la linea rigorosa scelta dalla premier non piace a quei governi stranieri cui faceva comodo che l’Italia fosse il ventre molle del Mediterraneo.

 

Un’Italia che si mette sulla scia rigorista di chi vuole bloccare le partenze diventerebbe un problema per chi invece spinge su queste rotte per non (ri)aprirne altre. È il caso della Germania, la cui ex Cancelliera non si fece problemi a concedere fiumi di denaro (attraverso Bruxelles) al sultano Erdogan in cambio di una sua... supervisione sulla via balcanica.

Bloccare le partenze dalla Tunisia equivarrebbe dover riconsiderare le rotte e i suoi numeri. L’idea di agire non tanto sulla redistribuzione concetto fallimentare che replica gli egoismi degli Stati membri - quanto sul controllo delle partenze, come ha intenzione di fare il governo italiano, creerebbe un tappo alla fuga di chi scappa in cerca di miglior sorte. Su questo preciso punto, ossia, le condizioni in Africa, l’Europa dovrebbe aprire un dossier sulle responsabilità francesi rispetto alle migrazioni dalle ex colonie. Parigi, infatti, ha ancora un controllo assai stringente su quei Paesi: lì insistono grandi interessi transalpini soprattutto sui minerali preziosi (dall’oro a quelli indispensabili per l’industria informatica e quella delle batterie) e su giacimenti di gas e petrolio. L’interesse è talmente grosso che Parigi controlla i siti più strategici con i propri soldati e con i contractors. Fino a poco tempo fa lo faceva anche con una moneta post coloniale (il Franco Fca, di proprietà della Banca centrale transalpina), adesso il meccanismo è stato rivisto pur conservando delle garanzie di controllo. Con questo atteggiamento la Francia fa crescere la propria economia ma schiaccia quelle locali, contribuendo alla disperazione che fa da molla alle migrazioni.

 

Lo scontro con Gheddafi era anche su questa predazione. In Francia l’assimilazionismo ha prodotto per lo più crisi e scontri, ed è la causa principale delle frequenti rivolte nelle banlieue. Per questo non vogliono altri ingressi e controllano militarmente le frontiere. L’Europa, questo, lo sa bene. Il fatto che l’Italia ora alzi la testa e pretenda il controllo delle partenze preoccupa chi di accoglienza e redistribuzione non ne vuole proprio sentir parlare. Specie sotto elezioni. 

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