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Roberto Vannacci, la guerra che il generale non conosceva

Gianluigi Paragone
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«Ha messo in imbarazzo l’Esercito». «Ha creato un problema di immagine per la Difesa». «Deve chiedere scusa». E perché il generale Vannacci deve chiedere scusa o sarebbe un problema per l’Esercito? Perché ha messo nero su bianco delle opinioni che evidentemente non si possono più esprimere nel tempo della omologazione, della standardizzazione culturale che fissa paletti circa cosa sia giusto o meno, opportuno o inopportuno. Libro machista, omofobo, razzista: meno male che non c’è la legge Zan altrimenti per il generale finiva male.

Altro che le missioni in guerra che ha portato avanti da comandante: oggi, se la deve vedere con il plotone di esecuzione del politicamente corretto. Difendere il generale e la sua libertà di opinione significa non arrendersi al meschino esercizio cui ti costringono coloro che, con la bava alla bocca, stanno dando la caccia al Cattivo uscito dalla caverna. A costoro non basterà nulla, non le scuse (a chi, poi?), non la rimozione o altro: Vannacci deve sparire perché intossica la democrazia, l’evoluzione della società. Ma questa democrazia soffre di un male peggiore, ovvero l’incapacità di reggere un pensiero dissenziente.

 

Il libro di Vannacci è l’antitesi del mondo di Barbie, delle sue battaglie di emancipazione telecomandata a botte di marketing. Vannacci è ruvido, è antico, è un conservatore, e soprattutto è un militare vecchio stampo tanto che lo trovavi sempre nelle situazioni più complicate, più ardite, a dare ordini perentori che non permettevano il disallineamento. Paradossalmente, oggi il generale paga per non essersi allineato al mondo di Barbie, a quell’esercito del Pensiero unico cui però non aveva prestato servizio né giurato. Chi oggi è disposto a sacrificare Vannacci e chi, come lui, ha il coraggio di esprimere opinioni spigolose e controcorrente, sta commettendo un errore di prospettiva enorme, perché si sta piegando alla visione del Pensiero unico dove il giusto, l’opportuno, il bene (e così dicendo) si solidificano per decisioni dall’alto e non per consolidamento culturale. Le frasi e le pagine contestate sono frasi di una visione (minoritaria o no) che è presente nel Paese, e come tale ha egualee ripeto - eguale diritto di manifestarsi, senza per questo subire processi mediatici e censure per mano dei monopolisti social. Vannacci, infine, non ha messo in imbarazzo l’Esercito: dell’Esercito, egli è stato un validissimo comandante, uno dei migliori in circolazione. Egli è dentro quell’Esercito che non ha bisogno di ministri e sottosegretari in posa per le pagine social. Quella gente sì che ha messo in imbarazzo l’Esercito.

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