Editoriale

L'esercizio del dubbio è un dovere

Davide Vecchi

Rivendico il diritto e la libertà di espressione ma soprattutto l’esercizio e il dovere del dubbio. Quindi, da uomo libero prima ancora che da giornalista devo chiedermi: e se Marcello De Angelis avesse ragione? Del resto al di là dei pronunciamenti della magistratura (sulla strage di Bologna come in molte altre, a partire da Ustica) è sempre rimasto vivo il dubbio. Le librerie sono piene di saggi su altre possibili verità. E persino a sinistra molte personalità hanno espresso negli anni profonde perplessità. Basti ricordare che il giorno dopo la sentenza Massimo D’Alema, all’epoca direttore de L’Unità, mandò in edicola il quotidiano del Pci con la prima pagina bianca in segno di protesta e contrarietà nei confronti dei giudici.

 

«Non tornavano i conti sui ragazzini poco più che ventenni (Fioravanti e Mambro; Ciavardini era addirittura minorenne nell’agosto ’80) divenuti improvvisamente stragisti, e per di più senza mandanti». Queste righe le ha scritte Giovanni Bianconi pochi giorni fa sul Corriere della Sera, di certo non un foglio revisionista clandestino. E potrei fare l’elenco di quanti (da sinistra) hanno aderito al comitato «se fossero innocenti».

Così come potrei riportare decine di dichiarazioni identiche a quelle di De Angelis. Non servirebbe. Lui, fra l’altro, ha perso il fratello ventenne nel 1980: venne arrestato perché indicato tra gli autori della strage da un finto testimone (Angelo Izzo, l’affidabilissimo signorino del massacro del Circeo) usato per attuare uno dei tanti depistaggi, e in carcere venne ucciso. Da innocente.

 

Ma tutto questo non serve a giustificare De Angelis, semplicemente perché non credo che De Angelis vada giustificato. Ha espresso la sua opinione come hanno fatto centinaia di altri. Politici, magistrati, giudici. Le sentenze si rispettano ma i dubbi si esprimono e soprattutto si devono poter esprimere. De Angelis, inoltre, li ripete il due agosto di ogni anno da qualche decennio eppure solo ora provocano clamore e addirittura sdegno. Perché? È evidente: oggi De Angelis ha un incarico pubblico, lavora al fianco del presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca.

 

Quindi la polemica è come sempre sterile e strumentale, usata esclusivamente per chiederne le dimissioni e attaccare politicamente «il nemico». E io ancora una volta mi chiedo quando l’opposizione, la sinistra in Italia- quella che per prima denunciava e sollevava dubbi sull’operato di alcuni tribunali e sugli esiti di alcune inchieste - ha perso la capacità di riflettere, ragionare, difendere le libertà basilari come quella di espressione e ha scelto di blandire il manganello e invocare le forche. Persino contro chi andrebbe ritenuto alla stregua dei parenti delle vittime: suo fratello è morto ingiustamente in carcere per quella strage. Neanche questo basta per riconoscergli il diritto di parola? E sarebbe anche l’ora di far pace con il passato riconoscendo valore ai verdetti ma pure il diritto di criticarli.