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Silvio Berlusconi, genio visionario capace di conquistare chiunque

Davide Vecchi
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Nessuno potrà mai descrivere Silvio Berlusconi. È stato tutto e il contrario di tutto. Ha incarnato il Paese. Nel bene e nel male. La sua personalità era talmente complessa, la sua plusdotazione intellettiva così sorprendente da permettergli di riuscire a conquistare chiunque. Quindi ciascuno può limitarsi a ricordare solo ciò che Berlusconi gli ha mostrato per conquistarne la fiducia, l’amicizia o più semplicemente l’approvazione di un istante.

Credo che il tratto distintivo del Cavaliere sia stato proprio il fermo convincimento di poter piacere a tutti. Di conquistare tutti. La sua capacità di infondere negli altri il fervore per le proprie idee tanto poi da spingerli a perseguirle, sostenerle, difenderle fino a realizzarle con lui. Solo così si spiega la sterminata sequela di successi. Nell’imprenditoria, nell’editoria, nello sport, nella politica: sapeva farsi amare e farsi seguire anche in imprese inizialmente apparentemente folli. Era un genio. E, come i pochi uomini che come lui hanno fatto la storia, era un visionario. Sapeva scegliersi i collaboratori e aveva un rispetto assoluto di ciascuno. Parlava con tutti e si occupava di tutti.

 

Ricordo un collega del Tg5. A poco più di quarant’anni scoprì di avere un brutto malore. Berlusconi lo seppe e si prodigò affinché avesse le migliori cure possibili, lo mandò in una clinica in Svizzera e mise a disposizione dei familiari l’elicottero per poterlo raggiungere. Non era un amico né un uomo della prima linea ma era uno delle centinaia di giornalisti dipendenti Mediaset. Storie di umanità e generosità simili ce ne sarebbero centinaia. Sapeva che la sua ricchezza economica prima e il consenso politico poi dipendevano anche dal contributo dell’ultimo degli uscieri. E aveva la medesima attenzione per tutti. E quando incrociava qualcuno che non sembrava amarlo tentava di convincerlo fosse in errore. Riteneva di poter convertire anche i suoi più fervidi detrattori. Per questo accettò di andare in trasmissione da Michele Santoro accettando il confronto con Marco Travaglio. Era convinto di riuscire a far cambiare idea a entrambi. Ma quando capì che ogni suo sforzo sarebbe stato inutile ha cambiato le sorti di quella trasmissione con uno dei suoi colpi di teatro ironici: pulire la sedia su cui era seduto l’allora editorialista del Fatto Quotidiano. E questa è l’unica immagine che si ricordi di quella serata. 

Mesi dopo mi capitò di incontrarlo su un Frecciarossa. Rimanemmo soli per l’intero tragitto da Roma a Milano. E per tre ore tentò di convincere me, che all’epoca del Fatto ero inviato, a organizzare una riunione con l’intera redazione alla quale lui avrebbe voluto parlare: «Mi basta un’ora, in un’ora tutti capirebbero chi sono realmente». 

 

 

Sbaglia chi sostiene, come ha fatto ieri Elly Schlein, che con la morte di Berlusconi si chiuda un’epoca. Significa non averne minimamente compreso la portata storica. Il Cavaliere ha modificato l’ordinario, creando uno straordinario. Ha aperto una nuova era, rivoluzionando la comunicazione, la tv, la politica. È persino riuscito a sconfiggere la magistratura, in un Paese nel quale le procure hanno condizionato pesantemente la politica. Lui ne ha accettato i procedimenti ma combattendo sempre per difendere il suo operato, le sue scelte. Credendo, forse, di poter convincere anche loro. Come sempre, come con tutti. Piaccia o no, del resto, ciò che Berlusconi ha realizzato lo ha realizzato grazie al sostegno di amici, conoscenti, elettori. Ha conquistato molti. Tentando di conquistare tutti. Nessuno potrà mai sostituirlo o esserne erede. E nessuno potrà mai ingabbiarlo in una descrizione, perché era un genio. Semplicemente un genio visionario.

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