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Pnrr, serve un serio piano di edilizia carceraria: basta con gli arresti domiciliari

Gianfranco Ferroni
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Meno domiciliari e più carceri. Da costruire rapidamente, con il Pnrr. Chi lavora per combattere il crimine, in quella trincea quotidiana che sono le città dove ormai si consumano più reati che sigarette, lamenta l’utilizzo indiscriminato degli arresti domiciliari. I fatti danno ragione a chi è stanco di bloccare la delinquenza e poi vede sfumare le sue fatiche per colpa di un lassismo buonista che non tende a rieducare il condannato ma, semplicemente, ad agevolarne il reinserimento nella società per continuare a compiere reati contro le persone, più di prima. La soluzione da adottare? Una straordinaria campagna di costruzione di nuovi penitenziari. Anche grazie al Pnrr.

 

 

Gli americani, dopo la beffa compiuta da Artem Uss, gentilmente» collocato in un’abitazione, con un innocuo braccialetto elettronico, modalità che gli ha permesso di scappare per tornare in Russia, sono increduli: negli Stati Uniti il carcere gestito da privati è una tradizione, e non capiscono perché non siano mai state delegate a società specializzate nella sicurezza le detenzioni dei condannati, un sistema che secondo gli statunitensi «costa meno ed è più efficiente». A Washington, che tollera la pena di morte, non vengono perdonati coloro che beffano la giustizia, e lì la guerra contro i recidivi è stata fatta storicamente con il motto «three strikes and you're out», ovvero «alla terza condanna butto la chiave e non ti faccio più uscire dalla galera». Che poi è l’unico modo per evitare quella ripetizione quotidiana della battaglia tra guardie e ladri che fa perdere tempo alle forze dell’ordine e distoglie l’attenzione dai reati più gravi. Lo stesso problema riguarda i domiciliari: se in un piccolo territorio, dove ci sono solo tre addetti alla sicurezza disponibili per effettuare i controlli, vengono collocate cento persone obbligate a non uscire dalle mura casalinghe, è chiaro che l’alternativa al carcere ha il valore di una barzelletta. È come voler cercare di turare con un dito la falla di una diga. Ogni decisione riguardante un ritorno a casa del reo dovrebbe essere ponderata valutando le effettive possibilità di verifica da parte delle forze dell’ordine dislocate in quella zona, altrimenti diventa un’amnistia mascherata.

 

 

Un serio piano di edilizia carceraria è fondamentale per abbandonare le vecchie strutture e offrire dignità ai detenuti, assicurando nello stesso tempo una migliore qualità del lavoro agli addetti al Corpo di Polizia Penitenziaria. A Roma l’area di Regina Coeli potrebbe diventare uno splendido centro da dedicare al vicino Orto Botanico, nel nome dell’ecologia e della sostenibilità, alleggerendo una zona preziosa come quella della Lungara dal suo «ruolo punitivo», assegnato per sempre anche dalle canzoni romane. «Con un miliardo di euro si possono costruire 40 penitenziari, ognuno dei quali può ospitare 200 persone», affermano gli esperti che hanno lavorato in passato a via Arenula, sede del ministero della Giustizia: un investimento modesto, viste le cifre del Pnrr, che renderebbe più sicura l’Italia permettendo di abolire il ricorso ai domiciliari. Uno sforzo minimo, che non va rinviato. Anche per evitare nuove figuracce a livello mondiale, come è stato dimostrato dall’ultimo caso, quello di Uss, che non sarà facile far dimenticare agli Stati Uniti.

 

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