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Mar Mediterraneo dimenticato da Ue e Italia: il gran fallimento di Bruxelles

Gianluigi Paragone
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Il Mediterraneo non è solo lo spazio delle rotte migratorie eppure se ne parla solo in questi termini. A dirla tutta è la più grande prova politica - fallita - dell’Europa, troppo attenta ai paradigmi finanziari e monetarie per accorgersi che nessuna forza politica di costruisce senza la definizione dei suoi baricentri. Bruxelles considera il proprio baricentro Francoforte, l’asse del Nord e l’area baltica. Invece il baricentro dell’Europa è il Mediterraneo, il «nostro» Mediterraneo. Perché dico nostro? Perché la politica estera italiana è sempre stata per lo più intrecciata nelle relazioni «equivicine» con sponda araba/palestinese e con la sponda israeliana; eravamo i partner più colloquiali dei dirimpettai africani, assai allergici alla grammatica post coloniale (mai del tutto post a essere sinceri) francese, la cui arroganza ancora oggi echeggia nella diplomazia energetica. Quel ruolo lo abbiamo perso negli ultimi anni per arrendevolezza nostra, per miopia degli americani troppo concentrati a volerci servili e non alleati, e per un ruolo incontrastato dei francesi anche ieri hanno rivendicato la dottrina estera francese: «L’Europa non sia vassalla degli americani».

 

 

Il Mediterraneo, dicevo, è la più grande prova di maturità - fallita- dell’Unione europea, il cui ruolo è talmente evanescente che mentre si parlava della necessità di avere un soggetto politico più forte dei singoli stati (l’Europa appunto), cresceva la presenza dei cinesi, interessati ai porti e al controllo delle rotte strategiche anche quelle nei fondali marini dove passano le autostrade digitali, e della Turchia tornata a sogni imperiali. L’Europa intanto non c’è. Noi non ci siamo più ma ci sono i francesi. Il controllo di quest’area è strategica. E lo sarà sempre di più se pensiamo che il peso delle «flotte» è tornato a essere pesante: è convinzione diffusa infatti che lo scenario caldo da tenere sotto controllo non è quello ucraino ma l’area del Pacifico dove la Cina non intende concedere agli americani (assai impegnati nel conflitto ucraino) il pieno controllo, specie a ridosso di Taiwan e dei suoi confini. Il Mediterraneo va presidiato. L’Italia deve pretendere rispetto perché noi siamo strategici in quell’area e perché la nostra cultura di mediazione è vincente.

 

 

Il piano Mattei non fu solo una nuova intelaiatura energetica ma fu, appunto, il grimaldello per liberare nuove democrazie e scrostare vecchie relazioni pericolose (i francesi si ricordano bene il ruolo che ebbe Mattei nella lotta di liberazione algerina). I soldi del Pnrr si stanno incartando in progetti privi di visione. Noi dobbiamo pretendere un doppio livello: la conservazione del nostro patrimonio (dalla tutela dei paesaggi alla conservazione dei beni storici, dal rilancio dell’agricoltura ai collegamenti soprattutto stradali e ferroviari che non siano sulla dorsale dell’alta velocità) e il finanziamento di una flotta moderna per il controllo militare del Mediterraneo, di cui l’Italia dev’essere prim’attore. Io penso che l’Europa non lo voglia fare, in tal caso il governo italiano deve farlo di suo: rimetterci al centro del Mediterraneo, riprenderci il ruolo naturale che avevamo e che abbiamo ceduto. La sovranità nazionale passa da un disegno culturale e di controllo militare in cui il Mediterraneo è il nostro miglior tavolo di gioco.

 

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