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Fiorello, Meloni e la morale “doppiopesista”

Mario Benedetto
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Tutte le cronache portano alla Rai. Anche quelle delle ultime ore, non solo riferite al cambio al vertice, ma agli spunti offerti dai programmi e dai loro contenuti. E per una volta che qualcosa di divertente e ben fatto raggiunge il pubblico intero, ecco sollevarsi quella parte di quella sua parte "perbenista" pronta a fare osservazioni che sanno tanto di doppiopesismo. Il "nuovo" fenomeno dell’offerta del servizio pubblico di oggi è un artista che, in realtà, rappresenta uno dei suoi principali simboli già da "ieri". Con il suo Viva Rai2 Fiorello torna a far parlare non solo di sé, ma della tv. Ovvero fa parlare la tv, con la solita ironia, che oscilla tra semplicità e sofisticatezza, sempre con gli stessi ottimi esiti. E soprattutto fa parlare "di" tv, grazie al divertimento che assicura al pubblico più tradizionale del mezzo, quello adulto, sino a quello dei più giovani, coinvolti con un linguaggio e una contaminazione web e social capace di attirare la loro attenzione. Tutto questo è evidente e incontrovertibile. Finisce di esserlo quando entrano in gioco altri fattori, chiaramente non per opera di tutti, ma di un certo campione di osservatori, secondo il punto di vista offerto proprio dal personale, legittimo ma discutibile, punto di osservazione. È il caso del sipario tra Fiorello e (l’imitatrice di) Giorgia Meloni. Una gag che, ai più, ha strappato ovviamente sorrisi. Per qualcun altro è stata l’occasione e lo stimolo per avviare riflessioni, spinte a un livello di profondità che sarebbe richiesto, a ben vedere, da ben altre questioni.

 

 

E invece ecco partire polemiche sul presunto "endorsement" al governo da parte di Fiorello, non si capisce per quali ragioni e per quali effettivi benefici. Una polemica che si sterilizza ulteriormente in modo autonomo nel momento in cui si sposta dal tempo che un programma dedica alla politica (semmai al racconto simpatico della politica, tra l’altro) al tempo che la politica dedica a qualche simpatico scambio in tv. Vale la pena ricordare che lo sketch è durato circa un minuto. A voi le conseguenti valutazioni, che portano dritte a toccare il valore del "punto di osservazione" che si assume rispetto alla tematica. Imbracciare chitarre, fare selfie o post dalle sedi istituzionali o foto in abiti da carnevale, a qualcuno è perdonato. Anzi, neppure perdonato perché rientra normalità più assoluta. Ma in effetti sarebbe giusto così. Non vogliamo cadere, infatti, nel tranello e nella scorrettezza di fare critiche "a una direzione", ma lo stesso metro dovrebbe però valere per tutti e non per qualcuno. Dunque per chiunque viva la realtà politica dei nostri tempi, che non è più fatta di Aldo Moro in cravatta sulla spiaggia.

 

 

Piaccia o meno, questa è una stagione diversa, anche mediaticamente. Quello che viene spontaneo chiedersi: perché a qualcuno, artista o professionista di altro ordine, la politica andava bene, e va ancora bene, nelle vesti d’interlocutore lavorativo, con cui parlare del futuro, non collettivo ma del proprio individuale, e invece preoccupa per una battuta in tv? Perché quella che da una parte viene definita "invasione", presenza inopportuna, dall’altra non viene neppure commentata ma silentemente accolta? Tra l’altro proprio da coloro che criticano e danno del saltimbanco a chi scambia battute con qualcuno di (politicamente?) poco gradito o non amico, diversamente da altri. In quei casi si tratta di normalità, arte e simpatia. Per fortuna il pubblico sa valutare quando va messo da parte il servizio pubblico, come spesso accaduto ultimamente. E quando, invece, va messa da parte non la qualità del prodotto, ma i poco utili commenti che lo riguardano.

 

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