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Il rilancio della Capitale: fisco ad hoc per chi investe a Roma

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Bruno Villois
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L’annoso e complesso capitolo della tasse dovrebbe approdare sul tavolo del Governo nella prossima settimana, essenziale che ne esca una riforma che mette al centro il rapporto tra contribuente e amministrazioni pubbliche, Stato ed enti locali. La macchina pubblica, nazionale e locale è ingolfata tra crediti in massima misura non esigibili ed esigenze di far fronte ai bisogni primari dei cittadini, salute, assistenza agli anziani e ai soggetti portatori di invalidità, a cui si aggiunge un aumento della povertà che, nel secondo Paese europeo per produzione industriale ed export, non dovrebbe esistere. Per poter farvi fronte elargendo risorse sotto forma di investimenti strutturali, tecnologici e in ricerca e istruzione/ formazione servirebbe una raccolta fondi sotto forma di tassazioni che per essere attuate dovrebbe prevedere alcuni capisaldi indispensabili.

 

 

Mi riferisco alle percentuali applicate agli scaglioni, che a leggere il progetto di riforma dovrebbero ridursi a tre, la semplificazione dell’elaborato della dichiarazione, i tempi di valutazione e di compensazione tra versamenti e restituzione al contribuente, nel successivo esercizio fiscale e non oltre, di quanto pagato in eccesso o versato in difetto, in modo da evitare che a più anni di distanza, oggi 5, arrivino contestazioni aggravate da sanzioni, pari anche al doppio o al triplo all’imponibile contestato. La nuova veste tributaria dovrebbe prevedere una regolamentazione, da prevedersi nei programmi attuativi, da applicarsi anche ad ogni tipo di tassazione imposta dalle amministrazioni locali. Opera titanica riuscire a cambiare l’attuale contesto in cui opera l’apparato pubblico nei confronti del cittadino, che però dovrebbe anche avere ben chiaro che, in uno Stato di diritto, nel quale spiccano i costi sociali per salute, assistenza, servizi locali per il decoro il funzionamento dell’intero assetto urbano, oltre alla sicurezza per l’incolumità dei cittadini e dei loro beni, le tasse vanno pagate e quindi chi non lo fa, a qualunque titolo o interpretazione, va perseguito con la massima severità. Sicuramente il nostro sistema pubblico è sovente impacciato, burocratizzato come pochi altri al mondo, pieno di incognite che lo rendono incomprensibile nell’attuazione dei propri impegni e non ultimo sovente intriso di irregolarità che premiano pochi a discapito di tutti, difetti ben visibili per i quali la politica, di ogni colore, ha sempre fatto intendere di voler cambiare e migliorare, facendo però poco nulla.

 

 

In questo quadro del Paese spiccano situazioni, quale quella di Roma, primo emblema dell’Italia nel mondo, in cui si dovrebbe ulteriormente prevedere una legge tributaria specifica, che potrebbe essere applicata ad altre realtà di particolare pregio ed importanza per l’attrattività Italia, nella quale oltre al regime nazionale, si prevedono facilitazioni per stimolare gli investimenti dedicati a salvaguardare e modernizzare l’intero impianto cittadino, periferie comprese. Oggi Caput Mundi versa in una situazione deprimente, trasporti urbani, pulizia, raccolta e smaltimento rifiuti, sono tracollati, la grande maggioranza degli immobili di pregio storico, posizionati nell’ampio centro, necessitano di interventi strutturali fondamentali, mancano le nuove costruzioni. Sicuramente nel farlo bisogna evitare l’errore madornale del 110%, per invogliare investitori basterebbe un fisco accomodante che consente il recupero dell’investimento nei 10 anni e impegno lo Stato o altri Enti pubblici a corrispondere all’investitore canoni locativi, modello leasing, pur disponendo già della proprietà, modulati nel periodo.

 

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