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Immigrazione e questione libica da affrontare: c'è un collegamento con gli sbarchi in Italia

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Santi Bailor
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In Libia l’accordo per le elezioni è ancora lontano e il Paese non pacificato porta con sé due questioni dirimenti per l’Italia e per l’Europa: i rischi d’instabilità geopolitica nel Mediterraneo e l’emergenza immigrazione. Ieri il «Corriere della Sera», riportando un allarme dei servizi segreti, illustrava che nei campi di detenzione (ma non solo) in Libia ci sarebbero 685mila migranti irregolari pronti a partire per l’Italia. Un flusso del genere, con le partenze destinate ad aumentare in primavera e in estate, metterebbe in crisi le strutture di accoglienza e il nostro Paese, senza contare il rischio per i migranti di finire nelle mani di scafisti senza scrupoli. La situazione perciò richiede - da subito - che l’Unione europea prenda provvedimenti concreti per aiutare l’Italia sui migranti e per condividere i compiti di soccorsi in mare, di prima accoglienza, di identificazione e di redistribuzione. Da subito significa ora, non a fine 2023 o a inizio 2024. Serve una riunione operativa d’urgenza che produca fatti e non parole.

 

 

Altro aspetto, la questione libica. Il Paese nordafricano è diviso essenzialmente in due fazioni, la Tripolitania da una parte e la Cirenaica dall’altra. Senza aspettare le elezioni (che potrebbero arrivare chissà quando) è urgente che l’Italia e l’Unione europea lavorino a metter in chiaro la situazione. L’immigrazione, infatti, non può esser usata come un’arma per destabilizzare Europa ed Italia e serve poi un impegno concreto del mondo libero nel verificare le condizioni dei migranti che si trovano nei centri libici. Una situazione complessa ma che va affrontata, per ragioni di diritti, di libertà e di stabilità. Perché nessuna politica potrà essere giusta e razionale senza aver prima affrontato la questione libica.

 

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