Ucraina, Paragone: "Fino a quando gli americani forniranno armi?"
Nei giorni scorsi ho avuto modo di ascoltare Lucio Caracciolo in televisione e sentirlo in un passaggio rimarcare quanto sta accadendo nel dibattito pubblico americano. Il succo del discorso del fondatore di Limes è stato questo: fino a quando gli americani svuoteranno i loro magazzini di armi per rifornire l’Ucraina?
Questo pensiero è già, e lo sarà ancor più a breve, uno dei nodi che obbligheranno Biden a fare i conti con il Congresso americano dove il peso dei repubblicani è aumentato ma anche con il deep state militare Usa preoccupato di uno sbilanciamento del focus presidenziale sulla Russia e non sulla Cina. In soldoni sta accadendo che da anni inglesi e americani riforniscono di armi l’Ucraina, speciali armi anticarro (l’Ucraina oggi dispone di un parco secondo al mondo solo dietro gli Stati Uniti). Ora che il livello di scontro si intensifica, la scelta è su quant’altro e cos’altro (nel senso di armi più offensive) dovranno girare a Zelensky per la resistenza.
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Se dunque la guerra in Ucraina dovesse trascinarsi in un arco temporale decisamente più lungo del prevedibile, allora anche la Casa Bianca dovrà prendere una decisione: fino a che punto sono disposti a disarmarsi per Kiev e avere gli arsenali più leggeri in un ipotetico scontro con la Cina? Perché questo è il cruccio che sta facendo sudare il presidente americano, cioè il focus con Pechino, la cui forza è sempre maggiore e sempre più pressante. E siccome il «gioco degli equilibri» si pesa anche sulla forza militare, gli Usa si stanno alleggerendo per dare la caccia a quella Russia di Putin che negli anni è stata un pensiero fisso dello Studio Ovale e della Nato, il «cui abbaiare alle porte delle Russia» (citazione) è un dato di fatto.
Se dunque questo scenario si facesse sempre più denso al punto tale da costringere Biden a mollare progressivamente Zelensky, lasciandolo maggiormente nel suo scenario naturale cioé all’Unione europea (i cui Paesi più importanti hanno rimesso in agenda un riarmo considerevole affiancandolo al tema dell’esercito europeo), quale proposta di mediazione ci resta in mano? Quella di ripristinare i confini pre conflitto? Quella di assecondare Zelensky fino in fondo? Quella di sconfiggere militarmente Putin o sperare in qualche operazione di sostituzione? Quale? Boh. La visita di Biden a Kiev nell’anniversario della guerra è stata la dimostrazione plastica di quanto conti l’Europa come player globale: zero.
Nessuna tappa preliminare a Bruxelles e nemmeno una subito dopo il vertice coi paesi dell’Est, che pure nella geografia unionista stanno acquisendo un peso sempre maggiore. L’Europa non è pervenuta, è muta, è schiacciata. È persino umiliata come nel caso dei silenzi della signora Von Der Leyen rispetto alla ricostruzione del premio Pulitzer Seymour Hersh secondo il quale la distruzione del gasdotto North Stream è opera dei sommozzatori della Marina americana sumandato della Casa Bianca e realizzata nell’ambito di una esercitazione Nato.
Ricostruzione falsa? Vera? Verosimile? Propaganda? Sarebbe bastato un dibattito politico, invece ancora una volta la signora dalla memoria corta ha preferito censurare il confronto. Esattamente come aveva fatto rispetto al negoziato con la Pfizer, altra multinazionale americana che si è arricchita con il business (segretato) dei vaccini. Ovviamente grazie al danneggiamento irrimediabile dell’oleodotto con cui la Russia portava il gas (a basso prezzo) in Europa in grandi quantitativi, l’America ha spezzato il sistema nervoso energetico di Putin - rimettendo in riga la Germania che stava nicchiando su quel tipo di sanzioni - e ha venduto grandi quantitativi di gas liquido.
Insomma un omicidio perfetto, con stampa e politica complici. Da qui dunque la domanda: quando l’America sarà meno presente, l’Europa cosa farà? La damigella? Allora tanto valeva restare ognuno con la propria sovranità, almeno potevamo una volta tanto far valere le nostre ragioni nazionali come facevamo nel Mediterraneo quando dialogavamo sia con Israele che col mondo arabo, facendoci valere come mediatori credibili e partner commerciali di prim’ordine. Ora invece siamo dentro una Europa damigella e pieni di debiti che la stessa Europa ci ha accollato per svenderci meglio. Complimenti.