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La politica fa bene a tutti, pure a Fedez ospite di Sanremo 2023

Domenico Giordano
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Da buoni italiani non ci facciamo di certo pregare tutte le volte che bisogna mettersi in prima fila per biasimare la classe politica, censurarne le parole e condannarne gli atteggiamenti. Tant’è, puntare il dito contro la politica a ogni livello è diventato da tempo il passatempo preferito di molti. Ci siamo arruolati tutti, con i diversi gradi militari che ci spettano, a questo speciale tiro al piccione contro il politico di turno, ministro, sindaco o deputato, e l’altra sera sfruttando l’occasione propizia dell’ospitata offertagli dal Festival di Sanremo, anche Federico Leonardo Lucia coniugato Ferragni in arte Fedez ha dato il suo nuovo contributo alla causa. Perché Fedez non è nuovo a questo tipo di polemica. Anzi, ci ha quasi fatto l’abitudine tanto che a novembre del 2021 per lanciare il suo lavoro discografico pensò bene di registrare il dominio web www.fedezelezioni2023.it solo per alimentare in rete e sui media l’attenzione nei suoi confronti semplicemente facendo credere a una possibile candidatura alle elezioni politiche. Una precisa strategia di marketing che sfruttava la tanto vituperata politica che consentì, in quelle due settimane, all’artista di prendersi degli spazi insperati di audience esondando i confini dell’informazione di spettacolo e occupando gli spazi del dibattito pubblico. In quell’occasione, come ho già scritto Fedez fu spietato e disumano con la Politica, ma è fuor di dubbio che celebrity social ha compreso prima e più di altri influencer quanto questa sia il propellente ideale per polarizzare online l’attenzione sui suoi interessi artistico-imprenditoriali.

 

 

Ecco perché la Politica – volutamente con la maiuscola – fa bene, in particolare a un influencer come Fedez, che sin dai tempi della sua battaglia a sostegno del DdL Zan sull’omotransfobia aveva testato sul campo l’importanza di condizionare il dibattito politico, che deve necessariamente alimentare la sua popolarità mantenendo in buona salute la quota di attenzione digitale. Ma, il punto non è che Fedez o chiunque altro non possa criticare anche aspramente un politico, ci mancherebbe, del resto chi non è dell’idea, espressa superbamente l’altra sera dal palco sanremese da Roberto Benigni che l’articolo 21 della Costituzione rappresenti «il pilastro di tutte le libertà dell'uomo»? Il corto circuito che Fedez non vede, o forse non vuol vedere, è altro e non investe affatto la portata del dettato costituzionale, appunto l’articolo 21, di «manifestare liberamente il proprio pensiero», e nemmeno il fatto che la critica feroce fatta da personaggi pubblici serva ad «influenzare» il dibattito pubblico.

 

 

Il punto focale è che Fedez non è solo un artista a tutto tondo, ma è e rimane un imprenditore ibrido che monetizza la sua «influenza» sulle piattaforme mettendo a disposizione dei clienti che si affidano alla sua società la capacità di polarizzare le discussioni digitali. È in questa natura molteplice che la sua critica, come si è capito a Sanremo nei confronti del ministro Eugenia Roccella e del viceministro Galeazzo Bignami, non è più credibile o, quantomeno, lascia pensare. Vedete come il politico può misurare la sua popolarità mettendo sul tavolo i voti raccolti a ogni elezione, così l’influencer può battere la concorrenza di altri social leader esibendo le decine di milionate di like, condivisioni, commenti e follower raccolti a ogni post, a ogni diretta. Fedez ha attinto ancora una volta dal grembo della politica, senza però dare alla Politica una contropartita, almeno valoriale.

 

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