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Qatargate, per la sinistra è colpa degli altri

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Benedetta Frucci
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Il Qatargate non è solo uno scandalo corruttivo qualunque: al di là del rilievo penale della vicenda, mette dopo 30 anni la parola fine alla presunta purezza della sinistra postcomunista. Quella sinistra che ha sempre goduto di una sorta di patente di intoccabilità, aiutata da una magistratura militante e compiacente che, mentre perseguitava democristiani, socialisti, e poi Berlusconi, Renzi, Salvini, evitava accuratamente di indagare in direzione del sol dell'avvenire. Ci è voluta la magistratura belga, per sancire che la moralità non ha colore politico e l'immoralità neppure.

Ora, di fronte a un'evidenza tanto palese, ci si aspetterebbe che i commentatori di sinistra ne prendessero finalmente atto e magari recitassero un mea culpa per aver diviso il mondo per anni in buoni e cattivi, con i buoni rigorosamente schierati a sinistra, ça va sans dire. Macché. Apri i giornali e ti ritrovi con dichiarazioni, editoriali che, scava scava, attribuiscono la colpa ad altri. Siamo oltre il famoso «compagni che sbagliano»: si passa dal dare la colpa al blairismo e al riformismo, che avrebbero intaccato l'immacolata fedina comunista corrompendola con il capitalismo, fino al ridicolo tentativo dell'eurodeputato Pd Brando Benifei di incolpare addirittura la destra per il Qatargate, rea di non aver votato un codice di condotta per gli ex parlamentari. Farebbero sorridere, se tutto ciò non fosse sintomo di una perversione ideologica che da anni permea la stampa, le università, il mondo intellettuale italiano. Quella di una presunta superiorità della sinistra: migliori nella moralità, migliori nel Governo del Paese, migliori nella cultura.

Trattando l'altro lato del Parlamento come se va bene - poveri bifolchi perché incapaci di apprezzare un film di Nanni Moretti. Se va male, come criminali e corrotti. Un atteggiamento che ha radici nella cronica - e fortunatissima per gli italiani - incapacità della sinistra di vincere le elezioni: Berlinguer si inventò la questione morale per dare una spiegazione e un premio di consolazione ad un partito che mai avrebbe governato il Paese. E ad essa si aggrapparono i comunisti per far credere di essere immuni al peccato durante Tangentopoli, dimenticando i fiumi di rubli presi negli anni. Poi, arrivò Berlusconi a guastare i piani e a impedirgli ancora una volta di vincere. Infine, salirono al governo, ma solo grazie ai centristi. Come ha ricordato Matteo Renzi a questi moralisti senza morale, il detto «l'importante è partecipare, non vincere» va bene per le Olimpiadi, non per le elezioni. Per il bene del Paese però, ci auguriamo che questi signori continuino a stare ben lontani dalla vittoria e, dopo questa vicenda, la piantino con questa presunta superiorità morale. Perché i malfattori non hanno colore politico e la santità, ahimè, non è di questa terra.

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