il commento
Il governo c'è e non ci sono più alibi. L’Italia attende solo la discontinuità con i tecnici
Giorgia Meloni ha dimostrato cosa significa aver fatto gavetta, in un ambiente di uomini. Giorgia è un politico a tutto tondo che ora si gioca la sua partita mettendo sul tavolo ogni fiche che ha cumulato negli anni. Era chiaro che lo avrebbe fatto, fin da quando in campagna elettorale i numeri si gonfiavano e cominciavano i primi attriti dentro la coalizione. Questo dunque è il governo della Meloni, il primo e forse non l'ultimo (dipende da lei). È il suo governo nel senso che ogni casella l'ha riempita come voleva lei, cominciando dall'assunzione del rischio di collocare Guido Crosetto alla Difesa anziché allo Sviluppo Economico. Una scelta pienamente simbolica, con rimbalzi interni ed esterni, paradigmatica di un governo dove si misurano gli equilibri di coalizione avendo chiara la golden share. Anche la scelta dei due vice rafforza la trama del governo meloniano. Antonio Tajani agli Esteri, dopo le parole di Berlusconi, deborderà nella declinazione (già evidente) europeista e atlantista al fine di dimostrare che il suo capo partito aveva... esagerato e che la trazione del governo non deluderà né la Commissione Ue né la Casa Bianca orfani del loro uomo di punta, Mario Draghi. Insomma, la scelta di Tajani non rafforza il ruolo di un governo che si profila sovranista, anzi conferma che siamo sempre sotto esame col rischio di restare marginali nei dossier che contano. Soprattutto in quell'area mediterranea dove il sultano Erdogan diventerà il kingmaker del gas, per lo più russo, dopo essersi accreditato come uomo di pace.
Debole sarà pure Matteo Salvini alle Infrastrutture, ministero dove con il rincaro delle materie prime e dell'energia i soldi non basteranno, tanto più quelli del Pnrr (piano che consentirà all'Unione di tenere sempre a guinzaglio corto il leghista ribelle). Salvini si troverà costretto a dover accettare il ricorso al Mes, piattino che Bruxelles ha già pronto per il governo Meloni i primi mesi dell'anno venturo. L'ex Capitano stia poi attento alla delega sui porti: se pensa di spenderla tutta sul fronte degli sbarchi sbaglia due volte, primo perché Piantedosi non accetterà ministri ombra, secondo perché le mire europee sui porti italiani necessitano di qualcuno che conosca i dossier e non si distragga. A proposito di Piantedosi, che dire? Un altro prefetto alla guida del Viminale dopo la pessima esperienza della Lamorgese: davvero un brutto segnale. Abbiamo già visto gli idranti contro i lavoratori e i pacifici manifestanti in quel di Trieste, i manganelli contro gli studenti, la schedatura di chi si opponeva al Green Pass, cos'altro dobbiamo vedere? Su Giancarlo Giorgetti all'Economia c'è poco da dire: sarà ancor più il silente custode della liturgia europeista e replicherà il peccato di Tajani, cioè dimostrare che i loro capi sbagliano nei toni quindi di loro ci si può fidare. Giorgetti è un uomo di zia, ex saggio di Napolitano, amico di Draghi, dei banchieri, della Chiesa che pesa. Non faticherà ad ambientarsi in via XX settembre, ci arriva con le migliori credenziali e i paramenti cardinalizi.
Lascio per ultimo il ministro della Salute: Orazio Schillaci da Tor Vergata. Nel tempo delle campagne vaccinali e delle schedature note come green pass, le sue uscite sono state completamente in linea con le indicazioni di Speranza e del Cts, pertanto la raccolta di dichiarazioni non fa ben sperare (pure il Guardasigilli Nordio ha fatto dichiarazioni decisamente sbilanciate). Ora che cominciano a uscire dati ed elementi importanti sulle reazioni avverse da vaccino, ci domandiamo se il ministro voluto dalla Meloni sarà più accorto oppure terrà la linea di Speranza. Il banco di prova non sarà lontano e le domande che poniamo urgono risposte celeri: l'obbligo vaccinale va tolto a tutti, anche ai sanitari, sì o no? Favorevole o contrario al pieno reintegro del personale medico, sanitario e amministrativo? Le multe a chi non si è vaccinato si tolgono o il governo vuole continuare a delegare Agenzia delle Entrate nella riscossione? Il tempo delle congratulazioni è finito, ora cerchiamo i primi segnali di assoluta discontinuità.