Nel mondo del lavoro occorre recuperare la dignità della persona
Un ragazzo di 18 anni è morto in un incidente all'interno di un'azienda a Noventa di Piave, specializzata nella lavorazione del metallo. Era uno studente di un istituto tecnico di Portogruaro e stava svolgendo uno stage in azienda. Si chiamava Giuliano De Seta, il giovane è stato colpito da una lastra di metallo. La tragedia è avvenuta alla BC Service. Non è il primo ragazzo che muore in uno stage sul lavoro. Prima di lui altri due studenti avevano subito la stessa sorte nel corso di quest’anno.
Ogni giorno siamo costretti a leggere nella cronaca dei quotidiani la notizia dell'ennesimo incidente sul lavoro. È una lista infinita, che vede vite spezzate e famiglie distrutte e che non accenna a diminuire, anzi. Si muore nelle campagne, nell'edilizia, nell'industria. Da inizio anno sono diverse centinaia i morti per infortuni sul lavoro. Tre vittime al giorno per Inail, 4 per l'Osservatorio indipendente di Bologna. L'Inail nel 2021 ha registrato 1361 denunce di infortunio con esito mortale. È evidente che gli ispettori del lavoro da soli non bastano, occorrono più poteri ai dipendenti. Per questo si pensa ad un rafforzamento delle sanzioni previste dal Testo unico su salute e sicurezza del lavoro. Naturalmente le cause che vengono continuamente individuate sono sempre le stesse: mancati controlli degli Ispettorati del lavoro che scarseggiano di personale; non rispetto delle regole da parte di imprenditori disonesti, poi, lo sfruttamento del lavoro nero e la mancanza di sicurezza. La verità, però, è un'altra e la causa principale viene da lontano ed è il mancato riconoscimento della dignità del lavoro.
Questo avviene perché, come anche l'Ocse ha documentato, la distribuzione del reddito tra capitale e lavoro è peggiorato radicalmente. I redditi da lavoro, anzi le condizioni del lavoro, regrediscono e accentuano le disuguaglianze di reddito, ricchezza, potere economico, mediatico, culturale e politico. Le ragioni sono molteplici: l'integrazione globale dei mercati. Il capitale fa shopping globale delle condizioni di lavoro; entrano, così, sulla scena globale, masse enormi di lavoratori di riserva, un miliardo di uomini e donne affamati dalla Cina, dall'India, dal Sud-est asiatico, dal Brasile; si verifica la drammatica asimmetria nei rapporti di forza tra capitale e lavoro come mai prima nel corso del «secolo breve». (cfr. Cap. XXVI «Industria 4.0 e lavoro» del libro «Il Salvadanaio. Manuale di sopravvivenza economica» di Riccardo Pedrizzi. Editrice Guida – Napoli – 408 pagg. - 18.00 euro).
Si tratta dunque di una «nuova questione sociale», che va affrontata andando «oltre» il paradigma liberista ed assumendo una concezione radicalmente alternativa dell'uomo, inteso non più come individuo, atomo isolato, ma come persona e, in particolare, persona inserita in una storia, in corpi sociali intermedi, e che anche quando lavora è definita nella sua identità attraverso le relazioni con gli altri e radicato sul territorio. Del resto anche per la tradizione socialista, laburista e comunista del movimento operaio, la persona veniva del tutto annullata essendo la «classe operaia», l'«operaio massa» il suo principale riferimento.
Mentre per il pensiero sociale della Chiesa quel che conta è «il primato dell'uomo sul lavoro e il primato del lavoro sul capitale». Insomma sia nel modello liberista che in quello socialista l'uomo viene ridotto ad una serie di relazioni economiche e la persona scompare. Per farla riemergere dalle nebbie che ci circondano dobbiamo attingere perciò alla Dottrina sociale cattolica.