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Quel bisogno di totalitarismi del Pd: solo propaganda contro Giorgia Meloni

Santi Bailor
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I veri orfani dei totalitarismi in Italia sono, anzi è (perché il plurale sarebbe un eccesso di generosità) il Partito democratico. Non perché sia ancora comunista, quelli che lo erano coi tempi che corrono han già fatto plurime giravolte verso l'America, ma perché il Pd, a cominciare da Enrico Letta, ha un infinito bisogno del nemico. E cosa è meglio-ad uso elettorale di due avversari come il duce e Putin? Ieri, in una intervista a «La Repubblica», Enrico Letta ha detto, a proposito di Giorgia Meloni e della fiamma ancora nel simbolo di Fratelli d'Italia: «Non solo è una cosa inspiegabile, ma lo è anche il motivo per cui quel simbolo non l'abbiano mai cambiato. Un problema oggettivo. La marcia su Roma fu possibile perché qualcuno non fece fino in fondo il proprio dovere».

 

 

Come si possa parlare, nel 2022, della marcia su Roma accostandola alla Meloni è cosa non comprensibile se non con la propaganda. La stessa che fa dire agli avversari di Matteo Salvini, leader della Lega, che è filo-putiniano perché non vuol far pagare agli italiani dieci volte il prezzo delle bollette che pagavano fino a poco tempo fa. Perché accade ciò? Per una ragione semplice: perché il Pd si considera il bene e deve etichettare come male e come fascisti o putinisti gli avversari più forti in queste elezioni. Senza i totalitarismi immaginari il Pd ha già perso. Ed il fatto che li usi deve porre un interrogativo: se fosse il Pd il nuovo autoritarismo da cui difendersi? In fondo, pur non avendo vinto le elezioni, negli ultimi tempi ha governato parecchio.

 

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