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La sinistra non può dare lezioni di governo a nessuno

Riccardo Mazzoni
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Il centrodestra non è fortunato con le congiunzioni astrali: quando ha vinto le elezioni, infatti, i suoi governi hanno sempre dovuto fronteggiare congiunture internazionali che definire sfavorevoli è un eufemismo: nel 2001 l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre sconvolse le relazioni internazionali, gli equilibri geopolitici, i modelli di vita della società occidentale e l'economia a livello globale; il 2008, poi, fu l'anno in cui esplose la crisi finanziaria innescata dalla bolla immobiliare americana, con una reazione a catena che prosciugò la liquidità sui mercati mettendo in fibrillazione il sistema bancario e gli stessi bilanci statali.

Fu una tempesta di diversa origine ma molto simile, per le conseguenze sull'economia reale, all'attuale crisi del gas, avviata con la ripresa dopo la pandemia e portata alle estreme conseguenze dalla guerra in Ucraina proprio alla vigilia delle elezioni in cui il centrodestra parte favorito. Questa è una notazione meramente statistica, ma Letta la sta utilizzando come arma della disperazione in campagna elettorale per sostenere che col centrodestra al governo il Paese rischia la bancarotta.

Vale la pena quindi mettere i puntini sulle «i»: nel 2008 il mondo conobbe la più grave crisi finanziaria dopo quella del '29, e in quell'emergenza il governo Berlusconi tenne l'unica rotta possibile, con la scelta strategica di mettere subito in sicurezza i conti pubblici attraverso una manovra triennale di finanza pubblica e lo stanziamento di 35 miliardi di ammortizzatori sociali per tenere i lavoratori agganciati alle imprese e mantenere la coesione sociale.

Prima dell'assalto speculativo del 2011, in tre anni erano state poste le basi per raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio, come attestato dalle considerazioni finali della Banca d'Italia di quel maggio: «La gestione della crisi è stata prudente, il pareggio di bilancio al 2014 appropriato, la correzione richiesta all'Italia inferiore rispetto a quella necessaria per altri Paesi».

Considerazioni condivise dal vertice europeo di luglio, prima della famosa e inattesa lettera della Bce. Lo tsunami che si abbatté nei mesi successivi sull'Italia fu quindi il combinato disposto fra il peggioramento della congiuntura nell'area euro, con l'esplosione delle crisi sovrane di Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda, e le trame politiche - poi confermate da molte autorevoli fonti - che furono ordite per eliminare dalla scena politica Berlusconi, che fu quindi la vittima e non la causa dello spread.

Il Pd, dunque, dovrebbe semmai riflettere sulle pesanti eredità lasciate dai suoi governi, a partire da quello dell'Unione, che in venti mesi batté tutti i record negativi, raggiungendo la più alta pressione fiscale (oltre il 44%) e la più alta spesa corrente di tutta la storia repubblicana, con due Finanziarie improntate più alla vendetta sociale che allo sviluppo economico e la leva fiscale usata come una clava sul ceto medio. Tassa e spendi, insomma, secondo le peggiori tradizioni.

Il Pd ha poi governato in 19 degli ultimi 30 anni, dieci dopo la caduta dell'ultimo governo di centrodestra. Ebbene, tra il 2011 e il 2019 la spesa corrente in Italia è cresciuta del 20%, oltre il triplo dell'inflazione del periodo, e il debito pubblico è salito di altri 380 miliardi. A dimostrazione che la sinistra non può dare lezioni né di responsabilità né di buongoverno, e dovrebbe astenersi anche dagli sciacallaggi elettorali. 

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