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Elezioni politiche 2022, la sinistra getta fango, qualcosa resta sempre

Riccardo Mazzoni
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La telefonata fra Berlusconi e l’ambasciatore russo, nelle ore convulse della crisi di governo, non c’è in effetti mai stata, ma per la sinistra che l’ha inventata è come se lo fosse, perché in questi casi scatta un meccanismo della disinformazione perfettamente collaudato: si propala una menzogna spacciandola per verità, e dopo qualche take di agenzia e un'orchestrata valanga di indignazione, la menzogna si trasforma in Verbo, per cui le smentite di chi ci incappa diventano solo flebili voci di disturbo sovrastate dal coro. Ma questo non basta, perché insieme alla realtà si ribalta anche l’onere della prova, mettendo in bocca alla vittima – virgolettandole - le frasi incriminate, tipo: «L’ambasciatore russo mi ha spiegato la verità sulla guerra», «ma poi smentisce». Quindi Berlusconi avrebbe smentito non la bufala, ma sé stesso.

Un capolavoro di manipolazione, insomma, le cui radici affondano nella prima Repubblica e che riaffiora puntualmente alla vigilia di ogni appuntamento elettorale, soprattutto quando il centrodestra parte favorito. Negli ultimi trent’anni ne abbiamo già viste di tutti i colori, dagli allarmi per la democrazia in pericolo alle incursioni giudiziarie ad orologeria, e oggi la rete è un formidabile moltiplicatore di fake-news, ma la macchina della propaganda comunista ha sempre disposto di armi formidabili di disinformazione anche quando le notizie correvano per le vie tradizionali.

Per decenni, infatti, la storia d’Italia è stata distorta perfino sui libri di scuola, in un clima di intimidazione ideologica e di egemonia culturale a senso unico in difesa dell’Urss e contro l’Occidente. E qui arriviamo al paradosso della sinistra postcomunista che si erge a censore dei presunti, obliqui rapporti con Mosca da parte di chi da premier fu accolto con una standing ovation al Congresso americano e da ragazzo nel ’48 attaccava i manifesti della Dc. Siccome oggi la guerra criminale scatenata da Putin contro l’Ucraina ha riportato indietro l’orologio d'Europa tornando alla logica dei Muri, le lezioni della storia conviene ricordarle agli zelanti atlantisti ultimi arrivati, e a questo proposito calza a pennello tornare al ’61, quando in una sola notte fu costruito il Muro di Berlino. In quei giorni, la macchina propagandistica del Pci fu mobilitata all’ennesima potenza: il 14 agosto l’Unità titolò in apertura di giornale: «Misure di sicurezza della Rdt ai confini con Berlino Ovest», specificando che «contro le attività di spionaggio e provocazione dei revanscisti di Bonn sono state assunte misure di sicurezza che ogni Stato sovrano applica alle proprie frontiere».

L’organo ufficiale del partito comunista giustificò così la decisione di imprigionare in un immenso lager 17 milioni di tedeschi, con Togliatti che trasse spunto dalla crisi berlinese per sostenere che era in atto «uno scontro fra il partito della guerra, capitalista, e il partito della pace guidato dall’Urss». Nel dibattito alla Camera Ingrao sostenne «l’interesse profondo e storico dell'Italia che questa Germania nuova, dove sono stati cacciati i gruppi monopolistici, dove è stato stroncato il militarismo, continui ad avanzare, a progredire, e possa stabilire relazioni pacifiche con tutta l'umanità».

Altri tempi e personaggi di ben altra statura ma la manipolazione della politica estera è un vizio che alligna ancora a sinistra, anche se questi piccoli epigoni sono costretti a rovistare negli ambulacri di non si sa quali servizi e nelle intercettazioni di telefonate fasulle. Basta gettare fango, qualcosa resta sempre.

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