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Aborto, la scelta delle donne deve essere sempre la tutela della vita

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Paola Tommasi
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Infuria la polemica negli Usa dopo la decisione della Corte Suprema di cancellare il diritto all'aborto, che riporta la più grande democrazia del mondo indietro di cinquant'anni. Il tema è serio, intimo, personale, tocca le coscienze. Qualsiasi giudizio diventa immediatamente inopportuno. Ogni donna ha una sua storia, ha sogni e dolori che definiscono una posizione. C'è chi all'aborto è costretta, perché un uomo non vuole riconoscere il proprio figlio, oppure può capitare naturalmente, perché non tutte le gravidanze arrivano a termine. Ed è doloroso, tanto doloroso, fisicamente e psicologicamente. C'è poi chi usa l'aborto come contraccettivo postumo, per pentimento di notti sbagliate. E fa male uguale. Ma ci sono anche tante donne che vorrebbero diventare madri e non riescono, perché arrivate troppo tardi a questa determinazione o perché, anche giovani, l'organismo non lo permette. La sentenza della Corte americana in realtà non nega il diritto all'aborto, dice solo che non è una questione costituzionale e che su di essa devono decidere i singoli Stati americani o deve legiferare il Congresso. Il problema è che il Congresso non ha i numeri per farlo. Chi vorrà abortire, dunque, dovrà spostarsi.

 

 

Come d'altronde ho fatto anch'io, che per concepire una bambina senza che ci fosse un padre sono dovuta andare in Spagna perché il mio Paese non lo consente. È un caso diametralmente opposto ma l'ipocrisia è la stessa. Si è detto anche che questa sentenza pone un precedente per fare marcia indietro su altri temi sensibili come i matrimoni tra persone dello stesso sesso, sebbene le due tematiche non siano comparabili, essendoci nel primo caso il riconoscimento di una nuova vita che manca nel secondo. Ma fuori dalle ideologie e fuori dalla religione, fuori dal diritto e dalla politica e fuori dalla cronaca, da mamma single che ci ha pensato tanto prima di fare un passo che è l'esatto contrario dell'aborto ma ugualmente coraggioso, mi viene una sola considerazione. Concepire una vita in grembo è una benedizione, o una fortuna, per essere laica; un caso raro nella società di oggi, per metterla in statistica; una peculiarità che solo le donne hanno, per essere femminista, che ci distingue dagli uomini, che ci rende uniche e speciali, di cui dovremmo essere orgogliose e che dovremmo rivendicare. Quando ci capita di rimanere incinte, siamone felici, qualunque sia la condizione in cui versiamo, personalmente ed economicamente: è un'opportunità nuova che ci si presenta, la possibilità di ricominciare e di ripartire, di dare un contributo al mondo che verrà. Non rinunciamoci.

 

 

Riuscire a portare a termine una gravidanza cominciata bene ma che si è complicata nel corso dei mesi è altrettanto difficile, così come crescere dei bambini. Ma, d'altro canto, non c'è nulla di più potente. È vero, uno Stato, e uno Stato moderno, deve garantire alle sue cittadine di poter scegliere, ma proprio perché possiamo scegliere, scegliamo la vita. Sempre. «Per quanto assurda e complessa ci sembri», dice la canzone.

 

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