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Scissione M5s, la parabola di Luigi Di Maio: da Casaleggio a Tabacci. Tradimenti e traditori

Gianluigi Paragone
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In una Italia senz'acqua, il Palazzo del potere si dimostra senza dignità, senza pudore. Che tristezza questi teatrini di giravolte mentre l'agricoltura è in ginocchio. La siccità di questi giorni è una disperazione che aggrava ancor più una situazione emergenziale che già prima non era stata presa in considerazione. Manca l'azione del governo, la voce dei ministeri di spesa. Mancano coloro che dovrebbero evitare che l'economia reale collassi come invece sta collassando perché tradita da quella politica a cui aveva concesso una chance di cambiamento. Bollette care come il fuoco, carburanti alle stelle, mancanza di materie prime, agenzia delle entrate e banche alle calcagna, caro spesa: i più bravi annaspano come dilettanti. Il conto delle crisi, da quella finanziaria a quella sanitaria e ora energetica, finisce sempre sul tavolo sbagliato: quello delle imprese, delle professioni, dei lavoratori, dei nostri pensionati.

Di contro, nelle crisi ci sguazzano gli speculatori che trovano le leve giuste - quelle finanziarie - per ammazzare, attraverso le multinazionali, quel mondo della piccola e media impresa che lavora e si posiziona sulla fascia della eccellenza. Non c'è crescita in Italia perché chi è stato messo qui - Mario Draghi - lavora per un nuovo ordine mondiale dove gli Stati scompaiono a favore delle sovrastrutture vuote (l'Unione europea lo è) e di multinazionali a cui diamo le nostre vite e i nostri dati. A proposito, complimenti a Colao per il cloud nazionale brandizzato Amazon. La sfida contro questo mondo necessitava di una spinta nuova, autenticamente popolare.

Il Movimento Cinquestelle sembrava vivere di questa spinta, invece l'ha tradita, svuotando completamente l'illusione generata in poco tempo da Grillo e da Gianroberto Casaleggio, un uomo che non finiscono mai di uccidere. La scissione di Luigi Di Maio è il completamento di un cinico esercizio di potere, con venature di squallore. Per capire la morale della storia di Giggino e compagnia basta comprenderne la latitudine: da Gianroberto Casaleggio a Bruno Tabacci. Il senso del pudore non li tocca minimamente: questa gente, come dicevo, ha tradito il mandato elettorale di un popolo che si era fidato ciecamente. Vale per Di Maio come per Conte, calcolatore quanto il primo con l'aggravante di essere più scarso.

Di Maio guidò il Movimento nella galoppata verso un 33 per cento con l'aiuto di altri (purtroppo anche il mio e chiedo scusa), predicando tesi opposte a quelle di cui oggi si fa vanto. Per questo parlo di truffa elettorale, di truffa ideologica di cui Mattarella (capo dello Stato al secondo mandato che pare voler giocare fino in fondo) si fa notaio interessato: il campo di gioco che il Quirinale vuole consolidare non deve prevedere più schemi antisistema, tant'è che Italexit sarà costretta a raccogliere le firme a differenza di tanti altri partiti nati in questa legislatura. Di Maio sfila a Conte un gran pezzo di Movimento perché il Movimento si consumerà e il titolare della Farnesina necessita di una grisaglia più adeguata al mondo felpato della diplomazia. Un mondo cui Conte era abituato da premier ma che ora lo tiene a debita distanza per manifesta incapacità politica.

Il gran Gagà pentastellato infatti s' atteggia a leader forte dei suoi insuccessi: aver glorificato Speranza e la sua banda; aver creato comitati di esperti per svuotare meglio governo e parlamento (salvo poi votare l'altro giorno una risoluzione in gloria del parlamento); aver mostrato al mondo la grandezza di un genio di cui non conoscevamo la grandezza, Domenico Arcuri, supercommissario alla qualunque; aver abusato di dpcm, autodichiarazioni, lockdown e promesse di ristori; aver trastullato coi servizi segreti. E ce ne sarebbe ancora tanto da raccontare se non fosse che l'Italia è alle prese con problemi più seri della postura di Di Maio e del ciuffo di Conte.

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