Guerra Russia-Ucraina, la politica non sia provinciale nel giudicare gli sviluppi del conflitto
Dopo l’offensiva in atto nel Donbass, le ultime straordinarie esternazioni di Medvedev, la condanna a morte di tre prigioneri catturati dalle truppe russe, appare del tutto priva di fondamento la preoccupazione espressa da Macron a livello politico e da Massimo Cacciari a livello culturale di non umiliare Putin. Francamente questa preoccupazione, per altro resa abbastanza grottesca dal fatto che alla base di tutto ciò che sta accadendo è l’invasione del 24 febbraio essa è ulteriormente smentita dalla successione degli avvenimenti. Infatti le vicende militari hanno avuto un andamento contraddittorio: il programma massimo di Putin consistente in un rapido blitz segnato dalla conquista di Kiev, dall’eliminazione di Zelensky, dalla resa dell’esercito ucraino è fallito, ma non per un intervento della Nato, ma per l’imprevista resistenza di larghissima parte del popolo ucraino.
Questa resistenza è stata così imprevista che a suo tempo Biden ha offerto a Zelensky di aiutarlo a ripararsi in Polonia. Si tratta però di un passaggio assai importante. Infatti a quel punto l’esercito russo ha dovuto ritirarsi. Se il film fosse finito a quel punto la preoccupazione di Macron e di Cacciari avrebbe avuto un senso: Putin sconfitto sul campo poteva sentirsi umiliato e quindi anche ricorrere a gesti estremi tipo l’uso di bombe atomiche come suol dirsi tattiche. Ma su questo terreno bisogna comunque stare attenti a non farsi fuorviare dalle minacce puramente propagandistiche: Putin e compagni sanno benissimo che sull’uso dell’atomica non possono scherzare perché la deterrenza occidentale è molto forte. Il film però non è finito al primo tempo. A quel punto per un verso Putin ha dovuto ritirarsi rispetto a Kiev lasciando dietro di sé una scia di stragi e di stupri, ma poco dopo è ripartito con una nuova offensiva nel Donbass mentre dove non poteva arrivare con l’intervento militare diretto ha continuato a bombardare per distruggere intere città, infrastrutture, industrie e ospedali. Perdipiù Putin, il vice Medvedev, il ministro degli Esteri Lavrov stanno collocando il tutto in una sorta di sfida all’Ok Corral fra la Russia e l’Occidente rispetto alla quale l’invasione dell’Ucraina è una tappa intermedia. Allora da tutto ciò purtroppo non si ricava affatto l’impressione che corriamo il rischio di trovarci di fronte un Putin umiliato. Il rischio è esattamente l’opposto: la Russia ha un atteggiamento aggressivo che si esprime adesso con un nuovo attacco militare concentrato sul Donbass, ma che può anche ampliarsi. Allora rispetto a quest’atteggiamento la cosa più sbagliata è la posizione buonista assunta all’interno del centrosinistra da Conte e all’interno del centrodestra da Salvini. Si tratta di una posizione sbagliata perché essa lungi dall’indurre Putin a più miti consigli rischia di spingerlo ad elevare la posta. Non a caso la Svezia e la Finlandia e adesso anche la Danimarca (che sta già nell’Unione europea) hanno avanzato la richiesta di entrare nella Nato perché sono alla ricerca del suo ombrello visti i propositi aggressivi del loro pericoloso vicino.
Sotto certi aspetti Macron, Cacciari, Conte e Salvini (non Enrico Letta, né Giorgia Meloni, né altri leader politici minori del centrodestra e del centrosinistra) si sono lasciati fuorviare da una propaganda, questa sì espressa da alcuni circoli mediatici dell’Occidente, che hanno dato per buona l’interpretazione secondo la quale l’esercito russo dopo aver «toppato» su Kiev adesso è in una rotta generale e Putin in preda alla disperazione, malato è circondato da golpisti. Nulla convalida sul terreno dei fatti questa interpretazione e i giudizi conseguenti. La partita, quindi, è del tutto aperta, dagli sbocchi imprevedibili e non può essere giocata, con un certo provincialismo, sul terreno della propaganda elettorale per le prossime elezioni amministrative in alcuni comuni italiani.