INTERVISTA ALLO CHEF (STELLATO) FRANCO MADAMA
"I miei piatti sono quadri da mangiare"
«I miei piatti? Trasformo le idee, le emozioni che provo davanti a un paesaggio, a un ricordo, nel linguaggio della cucina. E il gioco è fatto». Franco Madama, bolognese di 42 anni, chef del ristorante Magnolia a Roma, alle spalle di via Veneto, racconta così il suo lavoro. A sentirlo parlare è tutto semplice, immediato, intuitivo: «Non provo mai due volte, il piatto mi esce perfetto da subito». Non è arroganza, tutt’altro. Piuttosto un dono di natura di un cuoco che si è scoperto anche un po’ pittore e che ha già sulle spalle una stella Michelin. «A un certo punto - racconta - fare un piatto non mi bastava più, sentivo che dovevo esprimermi in un altro modo». Arte e cucina. Un percorso che hanno fatto anche altri chef. «Sì ma la mia esperienza è diversa. Io non mi ispiro a quadri di artisti, il mio è un lavoro personale, astratto. È un pensiero che si trasforma in materia». Una passione per il cibo nata da bambino? «Sì mi piaceva preparare le torte per mia mamma quando era il suo compleanno. Poi, a scuola, siccome ero molto irrequieto, suor Clelia mi portava in cucina per tenermi tranquillo. E lì ho iniziato a "pasticciare"». Nel suo menu c’è un primo che si chiama «Alba sul ghiaccio». Come è nato? «Una mattina, all’alba, stavo facendo un’escursione sul ghiacciaio dell’Ortles. In alto i raggi del sole illuminavano una parete di roccia bagnata. Era accecante, una sensazione estrema. Poi il ghiacciaio si è illuminato e la parete è diventata arancione. E sullo sfondo un cielo di un blu cobalto intenso. È stata un’emozione fortissima. E in quel momento ho pensato a trasformarla in un piatto. Così è nato un risotto con un erborinato blu di Bagnoli, mostarda di agrumi, cavolo cappuccio di varietà diverse e mirtilli. Da lì estraggo il colore per le "pennellate"». Colori ma anche suoni. Giusto? «Sì. C’è un piatto, "Suoni di bosco" che evoca un paesaggio autunnale. Ci sono, ad esempio, degli spaghetti integrali e una spugna croccante di funghi. Ovviamente in tutto questo c’è sempre la ricerca degli ingredienti che devono essere eccellenti. Per ortaggi e vegetali mi rifornisco da un contadino fuori Roma che ha un orto simbiotico proprio ai margini di un bosco». Roma è una città difficile, competitiva. Si riesce ancora a fare alta cucina e rientrare nei costi? «Sì ma bisogna avere una struttura alle spalle. Specialmente per un giovane che deve ancora affermarsi. Però gli chef stellati riescono a guadagnare. Qui ad esempio c’è una clientela internazionale, arrivano da tutto il mondo. Ma anche molti romani che si sono "affezionati"». Una stella Michelin conquistata due anni fa. La seconda? (ride) «Aspettiamo novembre quando esce la nuova Guida...». (Ristorante Magnolia Grand Hotel via Veneto Via Veneto 155)