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Pugni chiusi e Bella Ciao Un funerale sinistro (e poco grillino) per Dario Fo

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Una pioggia incessante. Quasi che anche il cielo di Milano non volesse più smettere di piangere. Sul sagrato del Duomo di Milano, sotto un gazebo troppo piccolo per contenere tutti, il feretro di Dario Fo con accanto una foto dell'attore. Lo sguardo è quello un po' "allucinato" che lo ha reso celebre nel mondo, in una mano un pennello (simbolo della sua passione per l'arte) mentre l'altra è aperta, quasi a far immaginare il suo eterno gesticolare. Davanti, in piazza con gli ombrelli aperti, centinaia di persone che non sono volute mancare per l'ultimo saluto. I riti sono quelli di un funerale laico. Gli amici ci sono tutti. Quelli di una vita come il fondatore di Sloow Food Carlo Petrini. E quelli più "recenti" come la pattuglia grillina composta da Luigi Di Maio, Chiara Appendino e Virginia Raggi. C'è anche Beppe Grillo. E poi il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina, Roberto Saviano, Marco Travaglio, Gad Lerner. E tantissimi volti più o meno noti. Soprattutto c'è Jacopo, il figlio di Dario e Franca Rame. Tocca a lui concludere la cerimonia. Dopo aver regalato un "vaffa" a tutti coloro che oggi celebrano il padre dopo averlo censurato per anni, utilizza l'occasione per inviare un messaggio politico chiaro: "Può succedere che la gente senza potere, che non ha nulla da perdere, il potere possa prenderlo". "Grazie compagni, grazie" le sue ultime parole alla piazza pronunciate col pugno chiuso alzato. La Banda degli Ottoni intona "Bella Ciao". Un bel ciao a tutti, in primis ai grillini.

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