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Con "Coral" Ferrone spegne trenta candeline

Donatella Perrone
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Trent'anni e non sentirli. Oppure sì. Si sentono eccome in effetti, se, guardando indietro, ci si trova di fronte a tre decenni costellati da successi tali da resistere alla violenza dei venti di crisi che hanno investito l'Italia. È stato così per Sandro Ferrone, patron dell'omonima griffe che ha spento ieri le trenta candeline della sua storica boutique di via Nazionale, la prima delle 101 insegne aperte negli anni in Italia e all'estero, cui si aggiungono altri 760 clienti multimarca. Sono numeri questi, destinati a crescere – Ferrone, che da qualche settimana ha aperto il nuovo punto vendita di Napoli, il primo realizzato secondo il nuovo concept tutto incentrato sulle tonalità del rosa nude, aprirà presto una boutique anche a La Spezia - che segnalano lo stato di buona salute del marchio nato e cresciuto nella Capitale, ma con una passione tutta speciale per l'estero, da cui arriva oggi il 14% circa del fatturato. «In un momento storico in cui i negozi registrano dei significativi cali nelle proprie vendite», ha spiegato il fondatore della casa di moda, «è importante dare un segnale di resistenza a questa economia, e a questa città cui siamo profondamente legati. Affrontiamo quotidianamente una battaglia perché il nostro prodotto rappresenti la qualità e l'eccellenza del Made in Italy, non senza difficoltà. In un mondo fatto di grandi catene distributive il nostro brand si distingue per eleganza e unicità». E proprio sulla qualità si basa la forza del marchio nato da una costola di LCF (Le confezioni di Ferrone), l'azienda di famiglia che negli anni '60 realizzò la mitica vestaglietta indossata da Sofia Loren nel film La Ciociara, e che Sandro Ferrone ha poi trasformato prima in centro di abbigliamento all'ingrosso nella romana via Turati per convertirlo poi in una macchina in grado di resistere alle aggressioni dei colossi del fast fashion grazie alla cura dei dettagli e all'attenzione verso le clienti. «Non abbiamo delle grandi difficoltà a resistere all'attuale crisi. È vero pure che ha spazzato via tanti concorrenti che prima avevo», ha spiegato Ferrone. «Oggi rimangono solo i grandi magazzini come Zara e H&M, ma noi ci distinguiamo da questa fascia, perché consideriamo ancora i negozi come boutique, dove ogni donna che entra viene assistita e invogliata a provare i capi in modo che tutto le calzi bene, cosa che in un grande magazzino non accade. Per loro è solo merce che esce, per noi no. Vogliamo che le nostre clienti siano soddisfatte, che i loro acquisti siano come conquiste. Il nostro prodotto è fatto in Italia. È vero, abbiamo una concorrenza straniera, ma non sono i miei competitor, io sono staccato da queste realtà». Una strategia efficace, che ha portato il marchio a chiudere il 2018 con un fatturato di circa 40 milioni di euro, e che, stando all'andamento di questi primi mesi del 2019, conta di chiudere il prossimo esercizio in crescita. Vale la pena quindi festeggiare la boutique che nel 1989 idealmente ha dato il via ad un percorso fortunato, e per farlo al meglio, il brand ha presentato una capsule collection tutta incentrata sul color corallo. «L'idea del corallo è nata pensando a trent'anni fa, quando abbiamo aperto questo negozio. Allora eravamo poco importanti per una via prestigiosa come questa. Oggi siamo fra i più importanti. Quando aprimmo, questo colore andava molto di moda, per questo abbiamo deciso di ripensarlo oggi e riproporlo per una parte della collezione, per la sua bellezza».  

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