L'ipocrisia sui migranti
Sinistra allo sbando e senza leader. Ora si rifugia dietro la foglia di Fico
La sinistra si rifugia dietro la foglia di Fico. È stato penoso il pressing mediatico e politico, quasi a livello di stalking, sullo spaesato presidente della Camera perché diventi non solo l'antiSalvini ma anche l'antiToninelli e l'antiDiMaio. Si contava sul suo vago sinistrismo d'origine e sui precedenti a Montecitorio, da Casini a Fini, in parte della Boldrini e di Bertinotti, che si sganciarono dalla maggioranza di governo e andarono per conto loro. Poi è venuta fuori la soluzione Spagna. Ma il problema sollevato resta tutto. Non capisco perché le posizioni di Salvini siano spiegate solo alla luce della demagogia e della campagna elettorale e quelle della sinistra siano invece motivate da nobili ragioni umanitarie. Si tratta in realtà in ambo i casi di posizioni ideologiche, simboliche e politiche, con risvolti in ambo i casi demagogici, emotivi e fino a domenica scorsa elettorali. La differenza è che Salvini rappresenta in questo momento la maggioranza dell'opinione pubblica che chiede sostanzialmente due cose: chiudere i porti frenando l'accoglienza, col relativo business, e chiamare l'Europa alle sue responsabilità, non scaricandole solo sulle spalle dell'Italia. La sinistra invece rappresenta oggi una minoranza nel paese, gradita agli altri governi europei, più il mondo delle ong, dei media e della chiesa bergogliana. Va riconosciuto che un decoroso ed efficace punto di mediazione tra le posizioni della Lega e dei suoi alleati di ieri e di oggi e le posizioni della sinistra e del catto-bergoglismo, fu trovato dal ministro degli interni Minniti. Salvini dice a nuora per parlare a suocera: la nuora, piccola e ostile, è Malta; la suocera, grande e gelatinosa, è l'Unione europea. Ma il suo messaggio è rivolto anche ad altri due soggetti: i trafficanti umanitari che vanno a prelevare i migranti praticamente a casa loro, in acque territoriali libiche, e i flussi migratori inarrestabili. Gran parte dei migranti non sono profughi di paesi in guerra, ma migranti per ragioni economiche e sociali. Salvini vuol far capire a tutti costoro che l'Italia non può essere condannata per ragioni geografiche a corridoio umanitario, casa d'accoglienza di tutti i disperati che arrivano dall'Africa e dal mondo. È una nazione, piccola e neanche in buona salute, che già gestisce con difficoltà milioni di immigrati, ancora senza lavoro, i loro costi, l'assistenza sanitaria, l'abitazione, i rischi per la sicurezza. Un paese piccolo non può accollarsi la miseria di in continente grande. Quell'espressione infelice, «è finita la pacchia», non va assolutamente indirizzata ai migranti e alla loro scelta disperata, ma a chi ritiene di poter scaricare sull'Italia la gestione dei flussi migratori, a partire da chi lucra economicamente e politicamente su di loro. Ed è stato un segno di lucida serietà, va detto, la posizione del movimento 5Stelle, e in particolare di Di Maio e Toninelli, in sostegno a Salvini, nel nome del contratto firmato con la Lega. È miserabile usare la tragedia dei migranti per accusare la linea scelta da Salvini e dal governo come barbarie disumana. E demagogici i sindaci di sinistra che arrogandosi competenze che attengono allo Stato, si dichiarano disponibili ad accogliere i migranti nei loro porti. Non si capisce perché le ragioni umanitarie debbano valere per l'Italia e non per Malta, e tantomeno per la Francia, che ha chiuso i suoi porti assai prima di Salvini, senza reazioni in Italia. O fino a ieri per la stessa Spagna. Ed è assurda l'argomentazione fondata sui precedenti: ne abbiamo accolti già decine di migliaia, si dice, perché ora mettersi a discutere per seicento migranti? Ma non sarebbero stati certo gli ultimi e difficilmente arriveranno di colpo in centomila, il problema è proprio quello: chiudere il rubinetto, cominciare una buona volta a lanciare il segnale di indisponibilità e di ridiscussione della politica europea in tema di migrazioni clandestine. È ipocrita infine indignarsi per quei migranti in nave, sapendo che l’alternativa era stiparli in quei lager che sono i centri di prima accoglienza. Detto questo, è fuori discussione che la vita sia la priorità assoluta da salvare: ma il ventaglio delle possibilità di attracco nel Mediterraneo è più ampio di quello imposto dalla sinistra e dai media, che era invece limitato all'Italia: tanti porti, vari paesi, come Valencia, incluso il rimpatrio in Libia.