REFERENDUM COSTITUZIONALE

Tra sì e no io voto boh

Marcello Veneziani

Ma alla fine della fiera, sei favorevole o contrario alla riforma costituzionale? E' una domanda che vi avranno fatto tante volte e che tante volte avrete fatto. Finora abbiamo scherzato sulla svolta monarchica di Renzi e abbiamo detto che fosse per noi avremmo fondato i comitati del Boh, o del forse, come poi ha detto pure Fiorello (che conta almeno quanto Benigni e Crozza, si attende ora il parere costituzionale di Checco Zalone). Ma ora proviamo a entrare nel merito con una serie di punti che come vedrete sono controversi, nel senso che non sono tutti orientati per il si o per il no. Dunque cominciamo: 1) Il quesito referendario è posto in modo grottesco e partigiano, non si può chiedere agli italiani se sono favorevoli o contrari alla riduzione di parlamentari e di costi. È demagogia infantile. 2) La riforma fa cadere il dogma della Costituzione perfetta, divina e intoccabile. Le costituzioni si possono modificare, almeno nella seconda parte più legata alla storia. E la nostra, pur essendo una rispettabile e degna costituzione, risente dei tempi, le alleanze e i partiti che la concepirono. Giusto modificarla, anche se avremmo preferito assetti più espliciti e coerenti, come il passaggio al presidente (o premier) eletto dal popolo, con mandato pieno e governo di legislatura, come chiedevano Pacciardi, Almirante, Craxi e più di recente Miglio e Segni. 3) Alcune modifiche apportate sono positive: evitare il raddoppio dell’iter parlamentare con due Camere gemelle e relativo ping pong, snellire le procedure per le leggi, ridimensionare i poteri delle regioni, assegnati col Titolo V. Ammettere il referendum abrogativo mi pare un passo avanti. E rafforzare l’esecutivo, grazie al combinato disposto con la legge elettorale, aiuta la governabilità e le decisioni. Anche se la legge appare contorta, renzofila e male si integra con la Carta originaria. 4) La soppressione del Cnel è discutibile. Certo, visto che non funzionava, è meglio abolirlo ma avrebbe potuto essere un importante organo di rappresentanza di lavoratori, datori di lavoro ed esperti di economia. 5) La riduzione del Senato a un mostricciattolo non eletto direttamente dal popolo, in mano a sindaci e consiglieri regionali, mi pare invece un passo indietro. Meglio abolirlo, a quel punto, o sostituirlo con una Camera alta di esperti e grandi personalità. O con lo stesso Cnel rivitalizzato. 6) Il risparmio sbandierato ai quattro venti, con populismo d’accatto, è falso. Il grosso dei costi resta, il personale sovradimensionato e sovrappagato del Parlamento resta, si risparmia qualcosa sull’indennità dei senatori; poca roba, magari poi lieviteranno i rimborsi. Intanto questo senatino come dopolavoro gratuito dagli enti locali, non promette bene. In ogni caso col debito colossale dello Stato, risparmiare qualche decina di milioni e venderlo come «tagli alla politica», è un inganno bello e buono. 7) È falso che una riforma del genere sia il volano per la crescita dell’Italia o viceversa l’anticamera per una dittatura. Questa riforma non cambia la sostanza della democrazia e non incide sui temi caldi e salienti del paese. È un grande placebo, serve a rafforzare o indebolire Renzi ma non c’entra un tubo coi problemi reali, sociali, occupazionali, fiscali, sanitari, con l’emergenza migranti o il collasso della giustizia, il peso opprimente della burocrazia, la mancanza di soldi e di meritocrazia, e via dicendo. 8) Siamo entrati nella materia più interessante, il meta-referendum. Cioè gli effetti reali e simbolici che produce sul Paese al di là della riforma stessa. La riforma è un mantra per fingere che il paese stia cambiando, in Europa crea l’effetto ottico di una grande stagione di riforme e a noi serve per dire che la costituzione si può modificare. Visto che non conta la realtà ma la rappresentazione, vediamo cosa produce il racconto della riforma più che la riforma stessa. (Bella e fiabesca la fatina Boschi quando racconta l'unguento miracoloso della riforma, con le sue pozioni magiche travestite da articoli di legge). 9) Se il no alla riforma serve per mandare a casa Renzi o per azzopparlo (per farci magari poi un governo di coalizione insieme), io non ci sto. E non perché tifi Renzi, il suo modesto staff di governo o ami la sua fuffa mediatica dietro cui c’è poco o niente. Ma perché se cade Renzi c’è il vuoto, anche se lui è poco più del nulla. Il centro-destra non c’è, un programma alternativo, un leader, un’élite dirigente non ci sono. A meno che pensate davvero di affidare il governo a Grillo e i suoi pupi... Non voglio il caos. Preferirei che Renzi governasse fino a fine legislatura, anche se è un abusivo, ma senza inciuci con l’ultimo Berlusca, Mediaset o Parisi; e nel frattempo si lavorasse davvero per organizzare una seria e credibile alternativa per essere competitivi alla scadenza giusta. 10) Insomma, alla fine della fiera, voti sì o voti no? Ecco, vi ho spiegato perché voto boh, cioè non voto. Non vado a votare rifiutando di farmi prendere in giro credendo davvero che questa riforma cambi l’Italia. Non voto perché non accetto l’inganno di votare per una cosa che non è affatto decisiva, nel bene o nel male, per le sorti dell’Italia ma è solo un fuoco d’artificio e un gioco di prestigio. È un parere personale e non pretende di convincere nessuno. Criticatelo se volete, reputate il non-voto - come io lo reputo - un’abdicazione di sovranità, una mezza sconfitta, ma è un ragionamento a mente fredda, cuore caldo e in buona fede. Non vedeteci chissà cosa, come si è soliti fare in questo paese malpensante, nei rari casi in cui pensa... Chi vota sì, è vero, si accoda a Renzi e fa il suo gioco, ma chi vota no si accoda ai grillini e alla sinistra e fa il loro gioco, perché gli uni hanno più forza elettorale e gli altri hanno più visibilità politica. In entrambi i casi si viene schiacciati in un ruolo subalterno. Meglio chiamarsi fuori e ritenere che il vero terreno di scontro sia l’Italia da salvare e non il minuetto di una riforma. Un incubo da cui ci sveglieremo solo tra due mesi.