"I due Papi, che mascalzonata"
Cossiga e Andreotti in Paradiso discutono del film "I due Papi" su Netflix: "Genera disinformazione"
Caro direttore, in Paradiso Cossiga e Andreotti, seduti con un plaid sulle ginocchia, stanno finendo di guardare su Netflix il film «I due Papi», sulle note di chiusura di un tango argentino. «Una vera mascalzonata», commenta di getto Andreotti. «Già, peggio del Divo di Sorrentino su di te», tuona Cossiga. A. «Il guaio è che questi film, che distorcono la realtà con ambientazioni ben ricostruite, generano disinformazione per le generazioni future». C. «Eh sì, il mio amico Ratzinger dipinto come un nazista e Bergoglio come un fiancheggiatore dei generali argentini». A. «Povero Ratzinger! Ti ricordi la consuetudine che pigliaste quando fu eletto Papa?». C. «Ci conoscevamo da tempo, mi invitava a pranzo nel suo appartamento ed io portavo il dolce. Discorrevamo per ore in tedesco...». A. «Lo so, una volta gli parlasti di Antonio Rosmini, che poi venne beatificato da lui». C. «Certo che tu annoti tutto!». A. «Memorizzo i dettagli, lo sai. Ad esempio, in questa pellicola sembra che Ratzinger si metteva al pianoforte per gli amici». C. «Cazzata, Ratzinger suona da solo. Tutt'al più con il suo gatto o, al massimo, con monsignor Georg Gänswein. Sai cosa mi ha più indignato, oltre al fatto che nella locandina il film si autoproclama “ispirato a una storia vera?”». A. «No, dimmi...». C. «Rappresenta una proiezione fantasiosa di una parte del popolo cattolico, ma scritta da protestanti, ebrei e massoni». A. «France', tu sei ossessionato dai massoni...». C. «Mio nonno era massone, ce l'ho nel sangue; tu, piuttosto, con Gelli...». A. «Pensa che me lo trovai in Argentina al secondo insediamento di Peron. Non credo ci fosse Bergoglio, però...». C. «Ma a te chi presentò Papa Francesco?» A. «Una relazione "filtrata" da don Giacomo Tantardini, il punto di riferimento dello storico mensile "30Giorni", da me diretto. La rivista ospitò diversi interventi di Bergoglio». C. «Comunque nel film c'è la duplice volontà di calcare, da una parte, la crisi profonda della Chiesa manifestata sotto Benedetto XVI, dall'altra, la speranza di riconoscere in Papa Francesco l'artefice della sua riforma». A. «La realtà è diversa. Il papato di Ratzinger fu estremamente riformista: le finanze vaticane ottennero la white list dalle autorità internazionali; sul piano della morale, i Legionari di Cristo subirono un commissariamento e molto fu fatto in materia di pedofilia. Ma, com'era prevedibile, un tale lavoro mal fu sopportato». C. «Proprio così. E Ratzinger, definito conservatore, ha compiuto, invece, il gesto più rivoluzionario, quello di dimettersi». A. «Il film fa emergere, addirittura, una “indicazione” di Benedetto nell'elezione di Bergoglio... avvicinati, ti dico una cosa all'orecchio, così non ci sente lo Spirito Santo...». C. «Sono proprio curioso, cosa?». A. «Se l'avesse anche solo immaginato, Ratzinger non si sarebbe mai e poi mai dimesso. Figurati che per quattro anni Bergoglio non mise piede a Roma, infuriato com'era che la sua domanda di udienza al Papa per risolvere la questione della nomina di Ruiz a Rettore dell'Università Cattolica d'Argentina non ricevesse risposta, mentre a Castel Gandolfo non era proprio di casa». C. «Tu, che hai ancora i tuoi tra i giardinieri della Villa papale, dimmi: come hanno preso il film in Vaticano?». A. «La Santa Sede non si è prestata alla sua realizzazione, considerata quantomeno irritante, e che la rappresentazione di un Papa Pop contro quello conservatore è quanto di più ingannevole ci sia. Che poi i due Papi mangino la pizza al trancio nella “Stanza delle lacrime” della Cappella Sistina, per non parlare dei passi di tango insieme, è surreale». C. «Appare più come un film di propaganda, il "regime dei social" che vorrebbe santificare in vita un Pontefice che non ha compiuto una singola riforma in 7 anni, contribuendo ad indebolire la sanità e le finanze vaticane». A. «E, se mi permetti, anche la solida organizzazione curiale». C. «Si tratta, dunque, di un vecchio film, fuori dal tempo...». A. «Talmente assurdo che necessiterebbe di un sequel, quello in cui Bergoglio si ritira, chiedendo lui questa volta a Ratzinger di sostituirlo!». C. «Seppur Anthony Hopkins e Jonathan Pryce siano due leggende cinematografiche, e recitino come tali, non hanno però nessuno slancio da prete, cosa di cui, invece, i personaggi di “The Young Pope” abbondano, anche troppo. Lo sai cosa ci aspetta ora?». A. «No, cosa...». C. «Laggiù c'è San Rocco, il protettore del cinema, ci vuol far vedere “The New Pope” di Sorrentino, il regista del tuo “Divo”, che dopo “The Young Pope” questa volta ha messo il Papa persino in mutande...e le suore con tacchi e rossetto che lo lavano....». A. «È anche il regista de “La Grande Bellezza”, che ha ridicolizzato la mia amata Roma. Scusa, Francesco, di guance ne ho solo due e di Sorrentino ne ho proprio le scatole piene. Anzi, ora vado anche a pregare per lui». C. «Si vede che siamo in Paradiso, nessuno potrà soprannominarti più Belzebù...» A. «Panta rei...».