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I Casini dell'ex Dc

Paragona Andreotti a Talleyrand. E allora al Divo Giulio non resta che visitarlo in sogno per mettere i puntini sulle i...

Luigi Bisignani
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Caro direttore, concitato risveglio pasquale per Pier Ferdinando Casini, uno degli “enfant prodige” della Dc, da oltre 35 anni in Parlamento tra tradimenti politici e storielle da copertina. In un incubo notturno, ha sognato Andreotti che gli rimproverava un'improvvida intervista al Corriere della Sera, nella quale Casini lo paragonava a Charles - Maurice de Talleyrand-Pèrigord, nobile francese che aveva iniziato la sua carriera come vescovo, poi aveva gettato la tonaca alle ortiche ed era diventato uno degli uomini politici più cinici, corrotti e abili del suo tempo, capace di tutto pur di sopravvivere. Talleyrand, vissuto a cavallo tra la fine del 1700 e l'inizio dell'800, e considerato da sempre il simbolo del camaleontismo politico - non a caso i contemporanei lo chiamavano «girouette», banderuola - verrà interpretato nei prossimi giorni a teatro proprio dallo stesso Pierferdi. Stropicciandosi ancora gli occhi, Casini tenta di ricordare la rampogna di Andreotti, che indossando il suo solito pullover blu a doppiopetto, aveva appena finito una partita di burraco con Cossiga, il quale del resto ha sempre cercato qualcuno per giocare a poker. Andreotti: «Ma proprio tu, come ti permetti di paragonarmi a Talleyrand?». Casini: «Scusa, Giulio, era una battuta da bolognese». A: «Tu giochi troppo con le donne, con i partiti e ultimamente pure con le banche. Anche se io ti voglio bene perché con Mastella sei stato l'unico a venire a Palermo a portarmi la tua solidarietà durante la prima udienza al processo». C: «Era un atto di rispetto e lealtà. Quel processo è stato un colpo basso...». A: «Acqua passata..... Altro che camaleonte io, come Talleyrand. Piuttosto te. Mi ha detto Cossiga, che segue tutto, che ti sei fatto eleggere Presidente di una assurda Commissione sulle banche per ingraziarti Renzi, farti candidare nelle liste del Pd e poi oggi finire nel gruppo delle autonomie». C: «Sì, con i tuoi amici tedeschi della SVP». A: «Non ti fidare mai di loro. Sono buoni solo a parlare, non sai le volte che mi hanno fregato promettendomi i voti per il Quirinale. Sono capaci solo di incassare benefici economici. La bolzanina Biancofiore l'ha capito molto bene. Potrebbe spiegartelo. È per caso stata anche lei una tua fidanzata?». C: «Ma che dici Giulio, lei davvero purtroppo no. Anche se con quel cognome...». A: «Lasciamo stare le donne, altrimenti non finiamo mai con te. Torniamo invece a quel paragone con Talleyrand». C: «Non volevo offenderti, siete due politici di razza». A: «Grazie, ma Talleyrand - pur se abilissimo e intelligente - è sempre stato un numero due, che si è messo al servizio di altri per avanzare. Prima ha fatto parte degli Stati generali del 1789 e ha aderito alla Rivoluzione francese, poi si è nascostamente avvicinato a Luigi XVI, quindi è fuggito dalla Francia per paura di fare la stessa fine di molti altri nobili. È tornato dall'America durante il Direttorio, è stato fatto Ministro degli Esteri da Barras, si è messo al servizio di Napoleone e lo ha aiutato nel colpo di Stato di Brumaio: anche per questo è stato confermato Ministro degli Esteri, rimanendolo durante Consolato e Impero. A un certo punto, ha cominciato a tradire Bonaparte con le potenze straniere, facendosi pagare profumatamente, e Napoleone, furioso, lo ha coperto di insulti, definendolo "letame in calze di seta". Quindi ha favorito la Restaurazione e il ritorno dei Borboni, trovandosi un nuovo padrone con Luigi XVIII. Che però è stato più furbo di lui: lo ha utilizzato e poi licenziato. Insomma, Talleyrand ha prima scelto una causa e un dominus, poi lo ha tradito. In tutto questo, si è enormemente arricchito. Se mai assomiglia più a te che a me», ha ribattuto il Divo. C: «Perché mai?», ha chiesto Casini. E Giulio, tagliente: «Talleyrand è stato sempre molto amante dei piaceri, ha condotto una vita privata non proprio irreprensibile. E non solo». C: «Che altro» - ha sospirato Pierferdinando, sempre più scosso - «Mi sembra che anche da lassù non ti manchi una visione d'insieme». A: «Sei tu che forse dovresti studiare meglio la storia di costui. Talleyrand era un prete "spretato", che prima è entrato nella Chiesa e poi l'ha rinnegata. Infatti è stato lui a proporre la nazionalizzazione dei beni del Clero dopo la Rivoluzione e si è sposato all'epoca di Napoleone. E, come se non bastasse, ha stretto alleanze anche con i nemici della Francia, pur di sopravvivere e arricchirsi. Del resto, forse lo sai che Talleyrand diceva: "In politica e negli affari, né sentimenti né risentimenti”». C: «Giulio, scusami allora. Vieni a vedermi al teatro Parioli di Roma il 15 aprile e aggiusterò il tiro». G: «Certo che ti vedrò da quassù, lo sai bene che non porto rancore a nessuno, pensa neppure a Giancarlo Caselli che, non pago della mia assoluzione, continua a scrivere libri contro di me. A proposito di libri, prima di andare in scena rileggiti quelli di Alessandra Necci, i più belli scritti recentemente su quel periodo storico». E Cossiga, nella sua giacca di tweed scozzese, aggiunse: «Buon consiglio, Pier; anch'io ti seguirò mentre reciterai, del resto lo fai da quasi 40 anni in Parlamento. Ha ragione il mio grande amico Roberto D'Agostino a soprannominarti Pierfurby. Quest'ultima campagna elettorale è stata un capolavoro di trasformismo. Se ci fossi io ti aiuterei a fare il Premier di garanzia, come feci per D'Alema. E non te la prendere per Giulio, perché quando si parla di Vescovi perde la testa».

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