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L'economista in camice, come il ced diventa laboratorio di economia
Roma, 20 dic. (Labitalia) - "Il mio libro dimostra che il centro di elaborazione dati, l’insieme di persone e tecnologie informatiche su cui si basano i servizi informatici, è una sorta di nazione digitale in miniatura, e può essere utilizzato come laboratorio per eseguire esperimenti di economia con la moneta digitale (che ogni nazione digitale, ogni economia digitale prima o poi adotterà) in condizioni vicine a quelle del mondo reale". Lo dice, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Claudio Maria Perfetto, commentando il suo libro 'L'economista in camice' (edizioni Aracne). "E' un titolo - spiega - studiato ad hoc con Laura Zanotti, giornalista specializzata in information and communication technology, con cui ebbi modo di interfacciarmi nel corso di un convegno a Milano nel 2009. Il titolo è di per sé è evocativo e ben chiarisce, a mio avviso, l’obiettivo che mi sono posto nel testo. Il camice che l’economista indossa è infatti quello da laboratorio, e il libro tratta proprio di esperimenti di economia in laboratorio. Il mio obiettivo, attraverso questo elaborato, è dimostrare come oggi sia possibile riprodurre in laboratorio il funzionamento di una nazione proprio come si riproducono nei laboratori di fisica i fenomeni naturali". "Portare la nazione - sottolinea - in laboratorio significa utilizzare il Centro di elaborazione dati (Ced) e vedere cosa succede quando il management, gli utenti e i computer (che si comportano rispettivamente proprio come il governo, le famiglie e le imprese) utilizzano due monete che circolano in parallelo: la moneta bancaria (l’euro) gestita dalla Banca, che conosciamo tutti, e la moneta digitale del Ced (chiamata service unit) gestita dal management del Ced, che non conosce quasi nessuno, eccetto Ibm e i sistemisti dei computer mainframe che lavorano nei Ced". Pensioni, lavoro e ricambio generazionale sono tre concetti che però Perfetto unisce. "Se i sessantenni - chiarisce - non potranno andare in pensione, i trentenni non potranno lavorare e l’Italia non riuscirà a risolvere il suo vero problema ossia la disoccupazione generazionale, con questa intendo la mancanza di lavoro di un’intera generazione, quella dei nativi digitali (i nati dopo il 1985). Quando si sente dire che l’Italia cresce poco, che il suo pil cresce dello 'zero virgola', si sta dicendo che la produzione è stazionaria, non varia nel tempo, e quindi non aumenta a sufficienza per poter assorbire i trentenni disoccupati. Quando la produzione è stazionaria, cioè non aumenta, c’è un solo modo per fare lavorare i trentenni: fare in modo che occupino i posti lasciati vuoti da coloro che sono andati in pensione. Ecco perché pensioni, lavoro e ricambio generazionale sono legati tra loro da un unico filo conduttore e proprio in tale sequenza". "La riforma Fornero e le varie opzioni - sottolinea- come Quota 100, Opzione Donna, Ape Social hanno requisiti così stringenti da non permettere quel ricambio tra nuovi pensionati e nuovi lavoratori che sarebbe invece necessario per risolvere il problema della disoccupazione generazionale. Ciò è dovuto al fatto che non ci sono risorse sufficienti per erogare più pensioni di quanto sia possibile fare oggi". "Tuttavia, le risorse - avverte - potrebbero essere recuperate dall’evasione fiscale. Il modo sicuro per recuperarle è impedire che l’evasione avvenga. Il modo per impedirlo non consiste nell’incentivare con dei bonus le persone a utilizzare le carte di credito nei pagamenti digitali, ma nell’utilizzare la moneta digitale di Stato gestita dallo Stato per tutte le transazioni finanziarie di cui verrà mantenuta traccia a livello centrale". "Per studiare sul campo - commenta l'autore - quali effetti potrebbe produrre l’adozione della moneta digitale di Stato, si potrà sperimentare attraverso il centro di elaborazione dati, di cui accennavo prima, la doppia circolazione della moneta: quella dell’euro gestito dalla Banca (per scambi esterni alla nazione) e quella della moneta digitale di Stato gestita dallo Stato (per scambi interni alla nazione)". "Resto dell'idea - avverte - che lo Stato in questa manovra abbia fatto qualcosa con le risorse che aveva a disposizione, ma non abbastanza da giungere a risultati equi. Nel tempo, se davvero si vorrà procedere ad un cambiamento significativo e radicale, lo Stato dovrà assumersi la responsabilità collegiale di varare una riforma pensioni e una riforma lavoro che vadano di pari passo, per realizzare quello Stato Sociale equo e solidale invocato da tempo da chi ha speso una vita al lavoro e non ha più vita per lavorare, e da chi attende il lavoro da una vita e non ha ancora un lavoro per vivere". "Lo Stato - suggerisce - dovrà far sì che pensioni e lavoro siano non più solo parole ma prospettive di vita. Che potremmo sintetizzare con due frasi semplici, evocative come degli slogan: pensioni per tutti e lavoro per ognuno".