CASO
Lazio, De Vrij non doveva giocare
Capita di sbagliare, di entrare in ritardo e di causare un rigore per un intervento maldestro, a volte anche per la bravura dell’attaccante avversario. A Stefan De Vrij, stopper di qualità nel panorama europeo, quasi mai. Il penalty per il piedone messo sulla scarpa di Matri a ottobre, nella sfida contro il Sassuolo quasi una primizia per un centrale capace di essere uno dei meno ammoniti del campionato. Poi solo partite giocate al massimo tanto da guadagnarsi sul campo la conferma nonostante l’accordo raggiunto a gennaio con l’Inter poi diventato contratto. Fino all’appuntamento col destino, domenica sera, lotta fratricida tra la Lazio cui lui aveva clamorosamente voltato le spalle andando a scadenza di contratto e la sua futura casa ad Appiano Gentile. Al minuto settantanove l’episodio che cambia la storia della lotta Champions, un rigore tanto netto quanto inutile (stava arrivando Luiz Felipe a chiudere su Icardi). Dal 2-2 la partita è girata e ha portato 35 milioni a Milano oltre a quelli già risparmiati per il suo cartellino dal club nerazzurro. Le lacrime di coccodrillo, la cena notturna con una parte della squadra, l’addio ora ufficiale di un giocatore che non ha avuto per la sua vecchia società nemmeno la riconoscenza doverosa dopo un anno di stipendio incassato nonostante lo stop al ginocchio, peraltro accusato in nazionale. Tant’è, doveva andare così, la storia della Lazio è ricca di traguardi sfiorati e tradimenti, ai tifosi non resta che dimenticare quell’errore in cui l’olandese è stato battuto dalla pressione psicologica. E tutti sperano che sia stata solo quella. A mente fredda è tutto più chiaro: De Vrij non doveva giocare contro la sua Inter.