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Nessuno ha avuto un aiuto

Franco Bechis
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Ieri sera mentre chiudevamo le pagine del nostro quotidiano, davanti a palazzo Chigi è arrivato un signore di mezza età visibilmente alterato che ha iniziato ad urlare di tutto con chiaro accento romanesco nei confronti di chi guida l'Italia a palazzo Chigi. Per le volanti della polizia c'è voluto del bello e del buono per calmarlo, anche se lui continuava a ripetere: «Io rispetto le forze dell'ordine, massimo rispetto per voi». E infatti si è calzato la mascherina che gli agenti gli porgevano cercando di calmarlo, indossando pure i guanti offerti. Ma calmarsi nemmeno a parlarne. Un po' urlava «Sono un uomo libero, questa è la mia città! Perché non posso passeggiare la sera?». Un po' spiegava di avere perso tutto, e di non potere andare a casa, «perché non ho più una casa». Un romano dunque disperato e a cui erano saltati i nervi, e lo hanno capito anche gli agenti che per lungo tempo hanno provato a calmarlo con grande professionalità. Forse il primo caso in questo mese disperato. Però assistevo a quello che avveniva qui davanti (Il Tempo ha la sede di fianco a palazzo Chigi) guardando la flemma con cui esponenti del governo litigavano fra loro e con esponenti della commissione europea e facevano slittare ancora una volta l'esame di uno dei tanti decreti economici che servirebbero come il pane in queste ore in cui milioni di italiani sono davvero in difficoltà.  Per approfondire leggi anche: Urla a Palazzo Chigi: sono un uomo libero Ci sono due provvedimenti in discussione, il decreto per dare liquidità alle imprese con garanzia dello Stato totale fino a 800mila euro, e parziale al di sopra di quella somma. E il decreto da 25-30 miliardi di euro del mese di aprile, che dovrebbe doppiare quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 27 marzo. Piccolo particolare non proprio insignificante: nulla del vecchio decreto è diventato ad oggi operativo, salvo il rinvio di qualche scadenza fiscale. E nemmeno un euro è ancora finito nelle tasche degli italiani, che però nel frattempo sono state svuotate dai decreti di chiusura di gran parte delle attività economiche firmati da Giuseppe Conte. C'è ben più di una ragione per urlare la rabbia che si ha in corpo per essere stati presi in giro da mille annunci, mille conferenze stampa e il nulla che si può stringere fra le mani. Chi versa in condizioni drammatiche anche dal punto di vista alimentare è aiutato oggi dalla carità degli altri italiani, della Chiesa e delle associazioni di volontariato che si stanno facendo in quattro. Ma nemmeno quella miseria del buono pasto sono stati in grado davvero di distribuire in una settimana - dieci giorni. Mentre i nostri governanti stanno chiusi nei loro bunker dorati, sfamati e riveriti grazie ai soldi di tutti gli italiani, chi è in miseria che può mangiare? Manco a dire che possa vivere d'aria e d'amore, visto che entrambe sono state tolte dai decreti di clausura delle stesse autorità che li hanno ridotti alla fame. Ieri abbiamo visto litigare il sindaco di Roma e i vertici della Regione Lazio sui soldi per i buoni pasto che sono stati stanziati ma non accreditati. In sostanza non ci sono, e quindi al momento non si può pagare il pasto a nessuno. Uno spettacolo desolante, che ancora di più fa capire come siamo in mano a una classe dirigente incapace di gestire seriamente l'emergenza e ancora più irritante quando di fronte alla evidenza della sua inefficacia fa partire il più classico degli scaricabarili. Se qualcuno mai oserà addossare la colpa alla solita burocrazia, andrà portato a processo con gli stessi atti di accusa di cui sono passibili i cittadini che mentono nelle loro autocertificazioni: falso. Perché per settimane dal presidente del Consiglio in giù hanno riempito gli italiani di menzogne, potendo contare su un incredibile tolleranza dovuta alla tragedia in corso. Ma questo non è più sopportabile, e i tempi che la classe politica si è concessa per la sua comoda discussione, non ci sono più. Le pance degli italiani hanno quel brutto bisogno di essere riempite ogni giorno almeno una volta. La vita di piccole e grandi imprese è già a fortissimo rischio, milioni di posti di lavoro non hanno la possibilità di attendere i comodi di Conte & c. Non c'è più discussione possibile, bisogna mettere da oggi soldi nelle tasche degli italiani. Che saranno solo l'anticipo del risarcimento che questo governo dovrà pagare a tutti.

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