CENSURA DA CORONAVIRUS

Vietato dire "Skype" in direttaIl divieto dell'Agcom alla Rai

Alessandro Austini

La censura ai tempi del coronavirus. Come nell'epoca del fascismo le autorità obbligano i media a cambiare le parole. Nel caso in questione è vietato dire "Skype". Ma la malattia e i contagi non c'entrano nulla. La questione è relativa alla concorrenza. Il caso nasce da una lettera spedita dall'Agcom alla Rai per invitare i giornalisti delle emittenti di Viale Mazzini a non nominare più durante i collegamenti in diretta il servizio privato di videochiamate con cui si collegano, molto più spesso in questi giorni. Questo il testo della missiva: "L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom) ha ricevuto in data 20 marzo u.s. una comunicazione da parte dell'Associazione Italiana Internet Provider (che per opportunità si allega) in cui la stessa manifesta la necessità di eliminare qualsiasi riferimento (immagine, audio) alla società utilizzata per collegamenti in videoconferenza. In particolare, nella segnalazione l'Associazione @iip lamenta la circostanza che in più di un'occasione, in diversi notiziari e programmi di approfondimento politico-istituzionale diffusi dalle testate RAI sia apparso o sia stata richiamata la circostanza che i collegamenti audiovisivi avvenissero attraverso il servizio SKYPE. L'AGCom, oltre a vigilare sulla corretta applicazione dei principi generali in materia di comunicazioni commerciali audiovisive e radiofoniche di cui all'art. 36-bis del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, presta particolare attenzione — soprattutto in questa fase — alla non discriminazione e alla tutela della concorrenza di tutti gli operatori di comunicazioni elettroniche impegnati a prestare supporto ai servizi di accesso ad Internet e ai servizi a valore aggiunto forniti attraverso tale piattaforma (tra cui il servizio di videoconferenza o il servizio audio). A fronte delle competenze e del ruolo esercitato in questa fase di emergenza dall'Autorità, Le chiedo di farsi urgentemente portavoce nei confronti dei responsabili di testata affinché le redazioni si esimano dal mostrare specifici marchi o dal richiamare specifici nomi di società nell'effettuare i collegamenti in videoconferenza o audio, limitandosi a fare riferimento al solo servizio di collegamento IP".  Guai a dire ancora Skype o Whatsapp, ora sentiremo i giornalisti parlare di "collegamento IP". Fino a quando non sarà vietato per non violare la concorrenza nel mercato dei benzinai...