Le nuove misure
Arriva il decreto: ecco le aziende che possono lavorare
Un decreto per imporre un'ulteriore stretta alle attività produttive e un'ordinanza per vietare gli spostamenti tra Comuni. Così il governo cerca di contenere la diffusione del Coronavirus: da un lato chiude le fabbriche non essenziali, dall'altro blocca sul nascere un nuovo esodo, fatto, questa volta, non di studenti fuorisede ma di operai emigrati al Nord. Sono circa 80 le tipologie di aziende che potranno restare aperte dopo l'ultimo provvedimento del governo, annunciato ieri in tarda serata, che dispone misure ancora più stringenti. Sì alle attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, ma il prefetto della provincia di appartenenza della fabbrica potrà sospenderle. IL NUOVO DECRETO Scarica l'allegato Nell'allegato al decreto, si elencano ottanta attività che continuano a restare aperte. Oltre a tutta la filiera legata al settore farmaceutico e agroalimentare, non si fermano il commercio dei prodotti del tabacco, i trasporti, i servizi postali e i corrieri, gli alberghi, i servizi di comunicazione e informazione, gli studi di avvocati, architetti e ingegneri, i vigilanti, i call center, le attività di riparazione di computer ed elettrodomestici, ma neanche il personale domestico. Esentate dall'obbligo di serrata anche le attività pertinenti alle famiglie (incluse colf, badanti conviventi e portieri dei condomini). Il testo arriva nel tardo pomeriggio della domenica, il giorno dopo l'annuncio via social del premier, che aveva anticipato lo stop. Lo schema e l'allegato erano già pronti. Ma, secondo quanto filtra da Palazzo Chigi, a bloccare la pubblicazione sarebbe stata una pioggia di richieste delle aziende, anche quelle di una certa rilevanza per il Paese, che chiedevano di proseguire nelle proprie attività, invocando ognuna l'essenzialità della propria produzione, la rilevanza strategica per l’economia nazionale, lo scopo connesso e accessorio rispetto alle attività consentite. Ci è voluto un giorno di verifiche al Ministero dello Sviluppo economico per vagliare le richieste. Tra i primi a scrivere a Conte è stato lo stesso presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che in una lunga lettera aveva chiesto di rispettare e considerare le priorità delle imprese. Per approfondire leggi anche: Conte chiude l'Italia in uno show