guadagna voti
L'uomo dell'anno è donna. Vince Giorgia Meloni
Se abbiamo scelto Giorgia Meloni non solo come donna, ma come personaggio politico del 2019, è innanzitutto per il bene di tutti i lettori. Perché lei - ringalluzzita dal grande successo social del rap «Io sono Giorgia» costruito con le parole di un suo comizio- proprio alla vigilia di Natale ha minacciato l'esordio nel mondo della musica con una sua prima raccolta di incisioni. Noi siamo convinti che il suo mestiere sia proprio un altro, e che quello da leader politico le riesca piuttosto bene, senza bisogno di contaminazioni canore. Battute a parte, siccome la politica ha come principale metro di giudizio il consenso popolare, non c'è nessuno che abbia fatto meglio della Meloni nell'anno che proprio oggi si chiude. A gennaio Fratelli di Italia era indicato dai principali istituti di rilevazione più o meno sui livelli ottenuti alle elezioni politiche del 2018 (4,35% alla Camera e 4,26% al Senato). Per prenderne a riferimento uno, quello settimanale di Swg per il Tg di Enrico Mentana su la7, il 16 gennaio scorso Fratelli di Italia (FdI) era accreditato del 4,4% dei consensi. L'anno si chiude con il partito della Meloni sopra il 10 per cento in tutti i sondaggi. Per fare un raffronto omogeneo lo stesso Swg per Tg la7 accreditava FdI del 10,7% dei consensi, due volte e mezzo quelli raccolti a gennaio. Giorgia ha dunque in così pochi mesi saputo raddoppiare il principale patrimonio alla base della attività politica. Accade nei sondaggi, ma è accaduto durante tutto l'anno in una marcia che è sembrata inarrestabile anche con il voto reale. A febbraio ha portato per la prima volta un esponente del suo partito- Marco Marsilio- alla guida di una regione, l'Abruzzo. In tutte le amministrative aumenta sensibilmente i voti per la sua lista, arrivando anche per la prima volta in alcuni consigli (ad esempio con il primo seggio ottenuto nelle regionali in Basilicata). In molti comuni FdI va in doppia cifra, come a Cagliari (11,69%) dove riesce a fare eleggere sindaco un suo esponente, Paolo Truzzu. Alle ultime elezioni europee la Meloni è riuscita ad ottenere il 6,46%, conquistando sei seggi, mentre nella precedente consultazione continentale non era riuscita ad ottenerne nemmeno uno. Il boom della Meloni è stato fondamentale anche per i successi elettorali del centrodestra, perché la sua crescita è stata superiore anche in voti assoluti alla caduta di Forza Italia e nell'anno i voti della Lega sono restati sostanzialmente stabili: l'exploit di Matteo Salvini è stato tutto nel 2018. Ha aiutato Fratelli di Italia il fatto di essere restato fuori sia dal primo che dal secondo governo di Giuseppe Conte, avendo più larga possibilità di manovra politica della Lega che era inevitabilmente più stretta sui temi cari al M5s. Come Salvini la Meloni ha sposato il sovranismo, ma l'ha fatto in modo più cauto e sostanziale quando si è trattato di tessere le alleanze politiche internazionali: ha scelto ad esempio due capi di Stato come Viktor Orban (che viene peraltro dal Ppe) e Jarosław Kaczyński, presidente della Polonia, e un leader emergente come Santiago Abascal che ha portato la sua Vox ad essere il terzo partito politico in Spagna alle ultime elezioni. Personaggi più di sostanza di quelli chiamati da Salvini nella famosa riunione in piazza del Duomo a Milano. Il suo sovranismo è peraltro nel solco della tradizione della destra italiana, soprattutto nazionalista e patriottica, ed è quest'ultima la parola cara alla Meloni, sempre schierata a difesa della identità nazionale sia sotto il profilo politico-culturale che sotto quello religioso. È il tasto su cui batte di più, anche a rischio di evocare il «Dio-Patria-famiglia» di mussoliniana memoria, ma ci tiene così tanto da avere fatto imbottigliare per le feste, regalandolo per Natale, uno spumante ribattezzato “Il Patriota”. La Meloni non ha una macchina da guerra paragonabile alla “Bestia” di Salvini, pur avendo una presenza non irrilevante sui social. Decisa nelle battaglie, azzanna in modo più gentile, e con sensibilità femminile sa evitare le trappole del mezzo anche in campagne furibonde. Avversaria politica anche vibrante, raramente va all'attacco sul piano personale, riuscendo a conservare rapporti civili e talvolta di stima anche con chi milita su fronti opposti. Lo testimoniano le tradizionali ospitate di acerrimi avversari alla annuale festa di Atreju, che si inventò da leader dei giovani della destra italiana: da Roberto Fico a Giuseppe Conte fino ai leader della sinistra più tradizionale nessuno è voluto mancare, e quando qualche militante mai avesse provato a fischiare l'invitato, la prima nemica è sempre stata la Meloni, pronta a zittire tutti. E anche questo spiega la popolarità trovata in modo forse inatteso in questo 2019.