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Grandi manovre: asse Lega-Pd per far fuori i grillini

Anche per Mattarella l'alleanza giallo-verde è a pezzi

Luigi Bisignani
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Caro direttore, anche Mattarella pare convinto che questa alleanza giallo-verde sia ormai a pezzi e negli scenari post-voto anticipato c'è chi adombra una maggioranza Pd-Lega per mettere all'angolo il M5S. Il Capo dello Stato è esausto dall'incompetenza dei ministri e degli uomini da loro lottizzati, così come di un Premier che non riesce a stilare l'ordine del giorno del Consiglio o approvare provvedimenti senza l'avvertenza «salvo intese», che fa inorridire i giuristi. Scartato un governo tecnico, restano le elezioni anticipate. La data del 29 settembre sembrava quella giusta, fino a quando qualcuno ha fatto notare che coincide con il compleanno di Silvio Berlusconi e ciò potrebbe creare un vantaggio per il resiliente Cavaliere. Non resta che il 6 ottobre, con tempi stretti per poi presentare la Legge di bilancio. Al Quirinale, come nei Palazzi del potere, si chiedono quali siano i futuri sviluppi per evitare la rissa continua che ha paralizzato il rilancio dell'economia e la ripresa degli investimenti, isolando l'Italia anche a livello internazionale. Per ogni Presidente il mantra è sempre quello di avere una maggioranza più ampia possibile e Mattarella osserva con interesse gli sforzi di unità interna del Pd di Zingaretti, a parte l'esibizionismo del pierino Calenda e le boldrinate extraparlamentari della «vedova di Montecitorio». Per arginare il dilettantismo dei grillini è proprio da Pd e Lega che pragmaticamente si potrebbe partire, se Salvini si mettesse a ragionare non solo coi muscoli e Zingaretti smettesse di raccogliere le sirene grilline della sua collega in Regione Lazio, Roberta Lombardi. Finite le baruffe elettorali, infatti, la Lega, quello che resterà di Forza Italia e il Pd potrebbero trovare diverse convergenze per un'alleanza che escluda le pruderie manettare e no Tav dei grillini. Si potrebbe partire proprio dall'immigrazione, il tema più sentito dal Capitano. Per Salvini e Zingaretti gli sbarchi vanno bloccati e i flussi regolamentati per quote, anche perché queste ultime, piacciano o no, sono necessarie per le imprese italiane. Non ci dovrebbero essere problemi neanche sulla sicurezza, intesa come controllo del territorio con più uomini da mandare sulle strade. E si sa che è stato molto apprezzato, dal Colle alla Segreteria di Stato Vaticana, quel Comitato Nazionale aperto a tutti i partiti proposto da Salvini per la lotta a mafia, ‘ndrangheta e camorra. Sulla giustizia, dopo la «coincidenza» di troppe inchieste, tutti sono ormai convinti della necessità di una riforma, mettendo al tavolo anche le toghe più autorevoli, e che non sia contro i magistrati ma per una magistratura più equilibrata. Sul terreno più scivoloso dell'economia, infine, si potrebbe puntare su una battaglia comune in Europa per la modifica dei parametri di bilancio e sulla ripresa degli investimenti, a partire dalla Tav. Zingaretti scrive nel suo ultimo libro: «In tanti attendono un segnale, una speranza per ricominciare». Sarà vero? Al commissario Montalbano credono in milioni, al fratello forse. Ma un passo indietro per la governabilità deve farlo necessariamente anche il macho Salvini, prendendo tutto il meglio che gli elettori di Forza Italia e Berlusconi gli possono dare, per scrollarsi dalla felpa quella accusa di fascismo che viene regolarmente tirata fuori dalla grancassa grillina e dall'intellighenzia di sinistra ogni volta che si va a votare. Ai grillini resterà un ruolo fondamentale nella democrazia: denunciare e protestare, perché governare non è proprio affar loro.

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