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Il grande bluff del referendum per il Nord. Lombardia e Veneto votano il 22 ottobre ma serve solo a dividere il centrodestra

Dario Martini
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Il referendum del 22 ottobre in Veneto e Lombardia è davvero l'arma finale per concedere la tanto agognata autonomia alle due regioni del nord? Milanesi e veneziani saranno certi che la ricchezza prodotta nel loro territorio non finirà agli «spreconi» meridionali? La risposta è: assolutamente no. Il referendum non è giuridicamente vincolante, ma consultivo. Il verdetto avrà solo un significato politico. E, oltretutto, non è ancora chiaro quali saranno le materie su cui verrà chiesta maggiore autonomia. Dulcis in fundo, sarà solo il Parlamento (a maggioranza assoluta) ad avere l'ultima parola. Insomma, non è altro che un bluff. Una conseguenza, però, è certa: la frattura insanabile nel centrodestra, tra i «centralisti» di Fratelli d'Italia e i «federalisti» Lega. Eppure il messaggio che il Carroccio sta veicolando è di tutt'altro tenore. Nonostante Salvini abbia da tempo trasformato la Lega del Nord in una Lega che parla a tutta Italia. I governatori Luca Zaia e Roberto Maroni, invece, attribuiscono al referendum un significato epocale. Zaia ha promesso: «Diverremo come il Trentino Alto Adige». Lo stesso obiettivo di Maroni: «Avere una Lombardia a statuto speciale. Vuol dire poter tenere i nostri soldi, almeno la metà del residuo fiscale, che è di 54 miliardi l'anno». Bello a dirsi, difficile a farsi. SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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