Chi ha ragione fra Totti e Spalletti?
Ormai non serve più neppure che parli lui. La polemica irrecuperabile su Totti si accende senza che il diretto protagonista apra bocca. L'ultimo «scandalo» a San Siro, dove Spalletti non gli ha concesso la passerella finale sul 3-1 preferendo inserire Bruno Peres, ha scatenato un'altra gazzarra. Da Roma ai media nazionali, dalle radio locali ai social, ieri s'è parlato quasi soltanto dell'ennesima puntata di una guerra che sta uccidendo la Roma. «Spalletti continua a mancare di rispetto a Totti» è il mantra ripetuto dal popolo giallorosso scandalizzato. Il toscano ascolta e non ne può più: «Se tornassi indietro, non verrei ad allenare la Roma» ha tuonato nel post-partita di San Siro, prima di cedere il microfono a Montella che, non si sa per quale motivo, Spalletti pensa sia stato scelto come suo erede. «Tanto ora viene Vincenzo e sa lui cosa fare» ha detto ironicamente, ma finora nessuno in società ha mai telefonato all'Aeroplanino. Ad altri allenatori sì, perché è evidente da mesi che Luciano vorrebbe mollare a fine stagione. Ascoltandolo e vedendo i suoi occhi lucidi domenica sera, è sembrata di nuovo una certezza. In realtà Monchi e gli altri dirigenti sperano ancora di convincerlo a restare mentre sfogliano la margherita del possibile sostituto, preferibilmente italiano: Conte era la primissima scelta ma è inavvicinabile (l'Inter gli offre 14 milioni e forse non basteranno a portarlo via dal Chelsea), Sarri viene subito dopo ma è blindato dal contratto firmato con De Laurentiis, gli altri, da Di Francesco a Gasperini fino all'«italianizzato» Paulo Sousa, non possono convincere appieno. Così la Roma resta sospesa tra la speranza di battere la Juve domenica per chiudere al secondo posto il campionato e la voglia di costruire un futuro con molte più certezze. Dagli Usa Pallotta osserva basito quanto accade nella Capitale impazzita. E si schiera con Spalletti: «È stato molto bello vedere tutti i tifosi applaudire Totti - dice il presidente - e la sua mostruosa classe, ma la squadra viene sempre prima di tutto. L'allenatore ha fatto il cambio giusto, perché stiamo combattendo per l'accesso alla Champions League. E comunque se avesse messo Totti gli ultimi cinque o sei minuti qualcuno avrebbe detto che non sarebbe stato rispettoso». Poi la frase che sembra chiudere in anticipo il secondo capitolo di Spalletti in giallorosso: «Non potrei biasimarlo - spiega Pallotta - se dovesse lasciare la Roma, perché i media scrivono sciocchezze ogni settimana. Aspettate la fine della stagione perché avrò molto da dire, vi racconterò tutta la storia». Lo stesso intende fare il tecnico. E Totti? Per ora continua a tacere, ormai si è arreso all'idea di smettere a fine anno ma non riesce a dirlo, lo farà nelle prossime settimane. Non ce l'ha fatta all'evento della Nike prima del derby, Monchi a quel punto è stato costretto a ribadire quanto previsto dal contratto, ma rimane il nodo del ruolo da dirigente. Intanto tutti parlano tranne Totti. Da Malagò, «chiunque immaginava un finale diverso», a Zeman, «è il più grande e deve fare quello che si sente», tonnellate di brace su un fuoco che arde. E la Roma è costretta a subire.