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Rudolph Giuliani: "Donald Trump ha vinto perché ha raggiunto il cuore del popolo"

Paola Tommasi
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«Donald Trump ha vinto perché è contro l'establishment, contro il sistema di Washington, contro la corruzione che Obama non è riuscito a debellare», così Rudolph Giuliani in un colloquio con Il Tempo pochi minuti dopo il primo di discorso di Donald Trump da presidente eletto degli Stati Uniti, martedì notte all'Hilton di New York. Qual è il punto di forza di Trump? «È riuscito ad aprire un dialogo con il popolo, è stato capace di comunicare con la gente, capirne i bisogni. È una piccola rivoluzione, più grande di quella che ancora si è capita» E il punto debole dl Obama? «Tantissimi. Ma fra tutti il fatto che il suo governo ha saputo solo tassare i cittadini, specialmente i ricchi, che hanno dovuto versare soldi su soldi nelle casse dello Stato». Un'elezione storica? «Questa è come l'elezione di Andrew Jackson nel 1824: il popolo si è alzato e ha detto di essere stufo delle cose che non vanno a Washington. Bonifichiamo la palude, sistemiamo quello che non funziona. Insomma, puliamo il fango». Quindi Trump ha vinto perché ha ascoltato il popolo? «L'ha ascoltato e soprattutto è in grado di rispondere ai loro bisogni. Vedrete». Avvocato di grido, ha mollato in tronco il suo studio e i suoi affari per seguire l'amico Donald nella corsa alla Casa Bianca. Ha girato con lui gli Stati Uniti ed era l'unico che in ogni comizio riceveva la stessa quantità di applausi del futuro presidente. Mai un discorso pubblico ha avuto un'acclamazione calorosa come quella riservata a Rudy Giuliani dai delegati nel suo intervento durante la Convention repubblicana di Cleveland a luglio, pochi minuti prima che dallo stesso palco parlasse Melania Trump. Da Cleveland alle elezioni dell'8 novembre è stato il più influente consigliere di Trump. Qualcuno lo ha definito il «vice presidente de facto». Che abbia un ruolo formalizzato o meno nel prossimo governo non importa, certamente esercita grande potere sul presidente eletto, che per lui pensa a un mandato da super consulente-uomo ombra. Precursore degli avvenimenti, era stato Giuliani a invitare gli elettori americani ad andare su internet, digitare «Hillary Clinton malattia», vedere i video che uscivano e farsi un giudizio sulle capacità fisiche della candidata democratica di fare la presidentessa degli Stati Uniti. Era il 21 agosto. Venti giorni dopo, l'11 settembre, la Clinton sarebbe svenuta in diretta mondiale alla commemorazione delle vittime dell'attentato alle Torri gemelle. Così come Giuliani non ha mai usato giri di parole per definire Hillary criminale e corrotta, per affermare che avrebbe dovuto trovarsi in prigione piuttosto che correre per la presidenza Usa e per rivangare gli scandali delle mail, dei finanziamenti poco trasparenti della Fondazione Clinton e dell'attentato di Bengasi dell'11 settembre 2012 in cui morì l'ambasciatore americano in Libia insieme ad altri tre funzionari, di cui la Clinton è considerata responsabile con Obama. Tutti temi che si sono rivelati decisivi: l'asso vincente della campagna elettorale di Trump, gli argomenti di maggiore presa sulla gente e nei comizi. Di sicuro non è una sua idea quella del muro ai confini del Messico, perché era nel programma di Trump già prima che Rudy Giuliani cominciasse a partecipare alla campagna, mentre certamente sua è quella dello «Stop & frisk», ferma e perquisisci, per la sicurezza nelle strade. Aveva funzionato a New York durante il suo mandato da sindaco e lo ha riproposto a livello nazionale. Sempre di Rudy Giuliani, infine, è il copyright dell'ultimo slogan vincente della campagna: «Drain the swamp», bonifichiamo la palude di Washington. Diventato un tormentone sui social network. Tornando alla definizione del suo ruolo futuro, indipendentemente dal titolo sarà lui l'uomo chiave che, insieme al generale Michael Flynn, si occuperà del dramma dell'immigrazione e del terrorismo, ridisegnando un nuovo ruolo per la Nato nel Mediterraneo, con un baricentro spostato da est a sud e un nuovo comando di ultima generazione in Tunisia che si affiancherà a quello di Lago Patria in Campania. Un ruolo delicatissimo, anche nei rapporti con l'Europa e con l'Italia. In questi giorni Rudy Giuliani è chiuso insieme al presidente eletto nelle stanze dorate di una blindatissima Trump Tower, concentrati entrambi a definire la linea e i nomi del futuro dell'America e del mondo. Per noi un'occasione unica poter contare su un italo-americano alla Casa Bianca.  

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