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Tra gli allevatori che resistono: "Gli animali non li abbandoniamo"

Nicola Imberti
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Per chi almeno una volta nella vita ha percorso la strada statale che da Foligno porta a Civitanova Marche, e viceversa, il motel Carnevali di Muccia è sempre stato una sorta di "oasi nel deserto". Quasi a metà fra i due estremi, era il posto perfetto dove fermarsi per una pausa ristoro. Ora il motel è chiuso. Le scosse del 26 ottobre e quella, devastante, del 30 hanno prodotto crepe visibili ad occhio nudo. Da qui prende il via la statale 209 verso Visso. Una discesa all'inferno costellata da case crollate, tende della Protezione Civile, persone che escono dalle loro macchine dopo aver trascorso l'ennesima notte all'addiaccio. La prima tappa di questa via Crucis è Pieve Torina. Uno di quei paesi in cui la sentenza è inappellabile. Tutto inagibile. Alla popolazione è stata prospettata la soluzione più gradita a chi sta gestendo l'emergenza: trasferirsi negli hotel sulla costa. Ma in tanti non vogliono e, soprattutto, non possono. TERRA VERDE Giordano Nasini è il direttore generale della Coldiretti Macerata. Da giorni gira tra i comuni colpiti dal sisma. Giusto domenica l'associazione ha lanciato un appello per camper e container da donare agli allevatori della zona. "Dalla ricognizione fatta - ci dice - sono circa 900 le aziende agricole a rischio per i danni del terremoto nei comuni più vicini all'epicentro. Si tratta di danni diretti (stalle crollate o lesionate, case inagibili) e danni indiretti perché questo è un territorio che viveva anche grazie al turismo. E ora non c'è più nessuno e queste aziende non possono più vendere i loro prodotti che sono delle vere e proprie eccellenze". La situazione più critica è ovviamente quella di chi deve accudire gli animali. L'inverno, particolarmente rigido da queste parti, si avvicina. E i capi non possono essere lasciati soli. Così, anche se hanno perso la casa, anche se lo sconforto comincia prevalere, resistono. VIA DA QUI DOVE ANDIAMO? Cristina Lucarini la sera del terremoto del 26 ottobre era in casa con la sua famiglia. I genitori, le sorelle, i nipoti. In totale 12 persone. Dopo la prima scossa avevano deciso di mangiare qualcosa e trascorrere la notte in macchina. Quando la terra ha tremato alle 21.20 sono riusciti ad uscire proprio perché la porta della sala da pranzo affacciava sulla strada. Poi la loro abitazione a Casavecchia Alta, frazione di Pieve Torina, è crollata. E loro sono rimasti isolati per quasi 24 ore. Cristina e le sorelle portano avanti l'attività che il padre Augusto, 77 anni, ha avviato con fatica: 130 mucche di razza marchigiana, 25 vitelloni, 200 pecore, 20 maiali. Una delle due stalle è inagibile e lei ha dovuto spostare i vitelloni nell'altra. "L'ho potuto fare - racconta - perché le mucche fattrici sono in montagna, al pascolo. Ma quando arriverà l'inverno e torneranno dove le metto?" Cristina non chiede molto: "Vorremmo un tetto per noi e per gli animali". Non è preoccupata per la produzione. Ora il problema è garantire la sopravvivenza del bestiame. "Ci dicono di andare via, sulla costa - aggiunge - ma dove andiamo? Se andiamo via questa zona muore. Lo scorso anno i lupi mi hanno ucciso 50 pecore, come faccio ad andarmene? Abbiamo bisogno di aiuto perché da soli non ce la facciamo". Ancora più netto il padre Augusto: "Io vado via da qui per andare là" E l'indice punta verso il cimitero. GIOVANI IN CAMPO A Pie' di Casavecchia c'è la casa di Attilio Rivelli, romano di 36 anni, che si è trasferito qui per curare l'allevamento di bovini che la famiglia ha avviato 60 anni fa. La casa, un antico convento di frati, è inagibile a causa di crolli e crepe. Lui dorme in tenda. L'operaio che lo aiuta in un camper ("me lo ha mandato un amico di Macerata che non sentivo da un anno e mezzo"). Anche le sue mucche sono al pascolo, ma entrambe le sue stalle sono danneggiate. "Probabilmente - ci dice - non me ne sarei andato comunque. Ma come faccio con le mucche? Dipende molto dalle temperature ma tra un po', con la prima neve, inizieranno a tornare. Io posso sistemare la stalla, ma devo poterlo fare in sicurezza e, soprattutto, devo conoscere i tempi della ricostruzione. Se arriviamo a primavera per noi è tropoo tardi". Anche Giovanni Angeli, nonostante la givane età (26 anni), ha una passione increbile. L'azienda che conduce con i genitori e i due fratelli ha 1000 pecore e 50 mucche. Tutta la famiglia è restata a Capriglia ("mio fratello ha portato moglie e figli sulla costa, volevamo che anche mia madre andasse ma è voluta restare"). E ora stanno sitemando un contaneir per poter vivere al fianco della loro azienda agricola. "Con le scosse gli animali impazziscono - racconta - già adesso abbiamo dimezzato la produzione di latte a causa dello shock del terremoto. Come facciamo ad andarcene? Gli animali sono una parte delle mia e della nostra vita, sono parte della famiglia. Non possiamo abbandonarli, è troppo pericoloso. Così come non possiamo abbandonare il nostro paese. Vede il campanile? In parte è crollato. Le campane che hanno scandito le nostre giornate non suonano più. È come aver perso un pezzo di vita. Se ce ne andiamo muore tutto".

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