Jovanotti e il cinema: «Il mio mito è Bud Spencer»
Un viaggio nel cinema amato e «vissuto» da Jovanotti. Uno dei più innovativi artisti del pop italiano svela un lato inedito di se stesso alla Festa del Cinema di Roma. Racconta le pellicole che hanno segnato la sua vita, nella quarta giornata della kermesse che ha visto protagonista la musica, anche con il documentario «The Rolling Stones Olé, Olé, Olé!: A Trip Across Latin America», su una delle rock band più famose al mondo. Vestito da eterno ragazzo con giacca di pelle colorata e cappellino con visiera, Jovanotti si prende la scena già sul red carpet dell'Auditorium tra le urla di centinaia di fan, mentre risuonano alcune delle sue canzoni più celebri, da «L'ombelico del mondo» a «Ragazzo fortunato». Di fronte al pubblico della Sala Sinopoli, il cantautore si lascia poi andare, al fianco del direttore artistico Antonio Monda, su quanto la settima arte abbia influito sulla sua crescita personale e artistica. «Nel momento in cui si spegne la luce al cinema, è come nei concerti: c'è un momento di grande emozione» racconta l'artista, che confessa alla platea di giovani e non: «Mi interessa quello che può darmi nel profondo un film e mi identifico spesso nei personaggi che vedo». Tra le sue pellicole più amate, legate soprattutto a infanzia e giovinezza, gioca un ruolo fondamentale la musica. «È stata una botta, quando sono andato a vederlo» dice Jovanotti di «The Blues Brothers». Guardando John Travolta camminare per le strade di NewYork sulle note di «Stayin' Alive» dei Bee Gees ne «La febbre del sabato sera», aggiunge: «Devo sbollire. Lui mi fa impazzire. Sono riuscito a vedere il film vietato ai minori di 14 anni quando ne avevo 12, solo perché ero alto». Anche la lotta tra Uma Thurman e Daryl Hannah in «Kill Bill vol.2» diTarantino è un «concentrato di idee visive e musicali». Tra i primi film della lista di Jova, ci sono «I quattrocento colpi» di François Truffaut: «È di una bellezza mostruosa. Mi sono identificato nell'immensa solitudine del bambino protagonista. Ma vedere il film mi ha anche fatto sentire meno solo» - dice - e «Stand by Me», nel quale «la canzone finale aiuta ad asciugarsi gli occhi in un film che si interroga sul perché la vita sia così ingiusta». Trai suoi miti, anche Bud Spencer: «Assomigliava a mio padre e questo mi permetteva di guardare il mio babbo diversamente, rendendolo simpatico». Come film italiani, Jovanotti sceglie «Amarcord», «Yuppi Du» di Adriano Celentano e «Io, Chiara e lo scuro», un omaggio a Francesco Nuti. «Voglio una donna» urla appollaiato su un albergo Ciccio Ingrassia nei panni dello zio Teo nel film di Federico Fellini. «Ho scritto ”Le tasche piene di sassi” pensando a un'immagine di questo personaggio che mi ha sempre ricordato una mia zia», confessa il cantante, mentre di Nuti dice: «Il suo cinema è stato importante per una generazione. Mi piaceva la sua poetica e poi ho avuto anche occasione di conoscerlo». Su Celentano aggiunge: «Sono un suo fan da sempre. Nella storia del cinema c'entra in maniera anomala. Come musicista, mi ha insegnato la cura dei dettagli senza darlo a vedere». Di Francis Ford Coppola, che Jovanotti è riuscito a incontrare proprio a casa di Monda in America, sceglie uno dei suoi film meno conosciuti e sfortunati, «Un sogno lungo un giorno»: «Quando una donna entra nella vita di un uomo, accende sempre una luce», commenta Jovanotti, riferendosi al finale del film che legge come prosecuzione del precedente «Apocalypse Now». Si passa da «Andrej Rublev» di Tarkovskij, che il cantante ha scoperto solo dieci anni fa, all'action di puro intrattenimento «Mad Max: Fury Road» di George Miller che definisce «una Ferrari». E ancora da «Taxi Driver» ai film d'animazione del «grande genio» Hayao Miyazaki, grazie ai quali ha instaurato «un lessico familiare» con la figlia Teresa. Tra i dodici film scelti da Jovanotti, rimangono fuori alcuni nomi ugualmente fondamentali per lui. «Stanley Kubrick, Sergio Leone, Roberto Benigni, importantissimo nella mia formazione, i film con Bruce Lee e quelli con i supereroi». Jovanotti legge i nomi che si è appuntato sul suo telefonino dal palco e prosegue: «Pasolini, Wenders, De Sica, Lynch, Chaplin, De Palma,Herzog e il cinema civile di Rosi». Musica, cinema ed emozioni forti non sono mancate all'Auditorium anche grazie a «The Rolling Stones Olé Olé Olé!: A Trip Across Latin America», il documentario di Paul Dugdale. Il giovane regista britannico torna a riprendere la mitica rock band di Mick Jagger, immortalandola nell'ultima strepitosa tournée che ha toccato, all'inizio di quest'anno, dieci città latinoamericane, fino alla tappa conclusiva a L'Avana.